Tra i santi ricordati l’8 luglio, la Chiesa cattolica celebra anche la memoria di San Pancrazio di Taormina, diverso dall’omonimo santo festeggiato il 12 maggio. I due personaggi della storia della Chiesa, infatti, hanno in comune soltanto il martirio. La festa di San Pancrazio è sentita in modo molto vivo in Sicilia e, precisamente, a Taormina, che ne vanta il patronato, in quanto ritenuto il primo vescovo di quella chiesa. Sulle date relative alla sua vita non si hanno notizie certe. Pancrazio nasce ad Antiochia, in Cilicia, una regione che risente molto dell’influenza della vicina Palestina e vive la risonanza delle azioni prodigiose compiute da Gesù, la cui fama raggiunge anche le terre limitrofe. Secondo la leggenda Pancrazio è ancora adolescente quando suo padre, animato dal desiderio di vedere personalmente Gesù, decide di recarsi a Gerusalemme, portando con sè il figlio. L’incontro con il Cristo cambia radicalmente la vita del giovane che, dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, segue le predicazioni di San Pietro. Sarà proprio quest’ultimo che lo battezzerà e lo indirizzerà verso il sacerdozio, fino ad arrivare a diventare vescovo. Nel 40 d.C., quando l’impero romano era sotto il controllo dell’imperatore Caligola, San Pietro decide di inviare San Pancrazio in Sicilia, precisamente a Taormina, perchè assuma la veste di vescovo della diocesi locale. Il suo intervento nella città sicula è considerato molto forte: riesce, infatti, a convertire in poco tempo un gran numero di pagani alla fede cattolica. Tra questi spicca anche l’importante figura politica del prefetto. Questo avvenimento, tuttavia, lascia turbati i suoi oppositori che, di fronte al successo conseguito da Pancrazio, cercano di ucciderlo. Il mandante del misfatto è un pagano di nome Artagato, che la storia tramanda con l’appellativo di “adoratore degli dei”. L’uomo, insieme a un gruppo di amici, decide di invitare Pancrazio a casa sua per un banchetto. Durante la cena Artagato cerca di costringere il vescovo a baciare, davanti a lui e davanti ai commensali, un idolo in legno. Pancrazio si rifiuta e con un cesto di croce riduce la statua in mille pezzi. Questo atto rappresenta la molla che fa scattare l’ira del suo assassino. Pancrazio, infatti, viene punito aspramente per aver distrutto l’idolo, ricevendo calci, percosse, bastonate e colpi di spada. L’aggressione gli costa la vita. Il suo cadavere viene gettato in un pozzo e, in questo modo, occultato, finchè non viene scoperto dai suoi discepoli che gli assicurano una degna sepoltura. La leggenda narra che il ritrovamento del corpo sia avvenuto attraverso un segno di luce; per quanto riguarda l’età del santo, invece, pare che Pancrazio riesca ad arrivare alla vecchiaia. Un’incisione, infatti, reca l’informazione secondo la quale San Pancrazio sia vissuto fino ai primi anni del regno di Traiano. Calcolando che l’imperatore sale al trono nel 98 d.C., si presume che il vescovo, al momento della sua morte, abbia circa novant’anni. Quando la Sicilia diventa Bizantina, il culto di San Pancrazio si diffonde a macchia d’olio, proprio come avviene, a quei tempi, con gli altri santi di origine orientale. A quel periodo, infatti, risale anche l’acquisizione di San Pancrazio come patrono di Canicattì, ancora oggi devota al santo. Il cardinale Baronio, durante la stesura del martirologio romano, indica il 3 aprile come giorno destinato alla commemorazione del martire Pancrazio. In realtà, in molti calendari di origine orientale, il giorno a lui dedicato è rimasto il 9 luglio, data durante la quale si pensa sia avvenuta la sua morte. Nel nuovo martirologio della Chiesa Cattolica, approvato da Giovanni Paolo II, è stata corretta la data, stabilendo che San Pancrazio venga ricordato l’8 luglio, in riferimento al giorno stabilito dalle correnti orientali.