Mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato, ha quasi la stessa età e un’amicizia antica. Il suo giudizio è quindi viziato dall’affetto, ma quando gli chiedo di raccontarmi il neo presidente della Cei mi parla di “un uomo che non impone, ma propone”, di una persona “con cui si dialoga con facilità”, di “un toscano dall’ironia bonaria che smussa tensioni e guarda avanti”. Del resto che il cardinale Gualtiero Bassetti, voluto da Francesco a capo dei vescovi italiani nella stagione del dopo-Bagnasco, sia una brava persona dev’essere assolutamente vero, altrimenti non ne parlerebbe così bene il cardinale Francesco Montenegro, diretto concorrente alla presidenza della Cei, felicemente battuto nelle prime due votazioni che hanno portato a determinare la terna di nomi sottoposta a valutazione e decisione del pontefice. Per lui l’arcivescovo di Perugia, che dalla provincia è stato catapultato a dispetto della veneranda età (75 anni suonati) a governare la complessa baracca di via della Circonvallazione Aurelia, è uno che “con quel cuore che ha, con quella disponibilità e amabilità connaturali” può portare lontano.
Era dal 1952 che a nominare il presidente della Chiesa italiana era il pontefice di turno. Poi è arrivato Francesco e ha chiesto un cambio di passo e di statuto. Il presidente eleggetevelo voi, ha detto senza mezze misure. Ma si sa, la storia e la tradizione pesano e i presuli italiani non se la sono sentita di bypassare nientemeno che il Primate di Italia e così hanno scelto una soluzione compromissoria, un po’ intricata a dirla tutta, che prevede la scelta da parte del corpo episcopale di tre nomi, selezionati secondo una serie di votazioni che mirano a stabilire una graduatoria tra primo, secondo e terzo eletto. Senza addentrarci nei meccanismi di voto approntati per far impazzire i cronisti, basterà sapere che il cardinale Bassetti è stata la prima scelta e di fatto il più votato, seguito in ordine dal vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla e dall’arcivescovo di Agrigento, Montenegro appunto. L’ultima parola spettava a Francesco, che rimanendo il Sacro Romano Pontefice, poteva anche decidere di infischiarsene della democratica e assembleare terna e scegliere qualcuno di suo gusto.
Possiamo dire che le cose nonostante tutto sono andate proprio così. Perché è indubbio che Gualtiero Bassetti piace a Bergoglio, e molto. Fiorentino, classe 1942, è un uomo di comunione. Da 23 anni fa il vescovo e di assemblee e stagioni ne ha attraversate parecchie. Dal 2009 è alla guida della diocesi di Perugia-Città della Pieve, a cui sempre Francesco lo ha confermato sebbene abbia raggiunto il previsto limite d’età. Non solo: lo ha anche voluto nelle congregazioni per i Vescovi e il Clero, lo ha creato cardinale nel concistoro del febbraio 2014, e poi gli ha fatto scrivere le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo 2016 al Colosseo. Non male per uno che il babbo voleva destinare a riparare biciclette e che quando ebbe notizia della berretta rossa esternò lo stupore parlando di se stesso come di un “due di briscola”.
Bassetti è genuino, tondo e morbido quanto la sua capacità di consolare e abbracciare. Piace a tutti, padre e fratello di chiunque incontri. “Mi ha sempre dato l’impressione di essere un uomo innamorato di Gesù Cristo, desideroso di vivere in maniera appassionata e semplice il servizio” mi spiegava contento il vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, a nomina avvenuta. Sì nell’aula nuova del Sinodo, dove questa mattina si conclude la 70esima assemblea della Chiesa Italiana, sono tutti contenti. Ed è una bella cosa questa comunità compatta e fiduciosa di vescovi, che si ritrova pienamente nella scelta fatta da Francesco.
E poi ci sono le parole che lui, Bassetti, ha detto a caldo, quel suo modo familiare di accennare alla nuova responsabilità arrivata “al crepuscolo della vita”, l’umiltà di riferirsi a sé come ad un “vecchio” con la voglia e la capacità di “sognare”, il desiderio schietto di rimanere “un padre” per i ragazzi perduti e ritrovati di Mondo X come per i tanti preti incontrati nei seminari di tutta Italia. Collegialità e creatività, le parole per il suo programma essenziale. Lavorare con tutti per il bene della Chiesa. Che le lacrime di commozione scese sul suo viso ieri siano benedette.