Il 25 giugno la Chiesa Cattolica festeggia San Massimo, che fu vescovo della diocesi di Torino, di cui è considerato il fondatore. Massimo nacque nel IV secolo in un’imprecisata provincia settentrionale italiana dell’impero romano, fu discepolo di sant’Ambrogio e di sant’Eusebio di Vercelli. Guidò la diocesi della allora Julia Augusta Taurinorum tra il 390 e il 420, nel difficile periodo delle invasioni barbariche. Nel “De viris illustribus” del sacerdote marsigliese Gennaio, Massimo viene presentato come un profondo conoscitore delle Sacre Scritture, grande predicatore e autore di numerose opere. Massimo visse durante i regni di Onorio e Teodosio il Giovane. Prese parte al Sinodo di Milano nel 451, comparendo tra i firmatari di una lettera inviata al papa San Leone Magno, e presenziò al Concilio di Roma nel 465, anche se molti storici collocano la sua morte assai prima, solitamente verso il 423.
Negli anni in cui fu vescovo di Torino, Massimo si impegnò nella lotta contro la simonìa e il paganesimo. Il santo fece erigere, probabilmente sui resti di un precedente tempio pagano, una piccola chiesa dedicata a Sant’Andrea dai cui resti, nel XII secolo, sorse la celebre chiesa della Consolata. Massimo divenne inoltre conosciuto per la mole di scritti. L’edizione dei suoi scritti del 1784, curata da Bruno Bruni, comprendeva ben 116 sermoni, 118 omelie e 6 trattati, oggi oggetto di un attento esame di autenticità. Dai sui scritti sappiamo che nel 397 fu testimone del martirio dei Santi Alessandro, Sisinnio e Martirio, vescovi missionari in Rezia. In una delle sue omelie descrisse la distruzione di Milano operata da Attila. In un’altra ricordò i martiri torinesi Ottavio, Avventore e Solutore: “Tutti i martiri devono essere onorati con grandissima devozione, ma devono essere onorati da noi in modo speciale questi di cui possediamo le reliquie […] dimorarono con noi, sia che ci custodiscano mentre viviamo nel corpo sia che ci accolgano quando lo abbandoniamo”.
Spesso nei suoi sermoni, San Massimo richiama i suoi concittadini alla carità cristiana: “Uno non pensa al bisogno dell’altro. Infatti molti cristiani non solo non distribuiscono le cose proprie, ma rapinano anche quelle degli altri. Non solo, dico, raccogliendo i loro danari non li portano ai piedi degli Apostoli, ma anche trascinano via dai piedi dei sacerdoti i loro fratelli che cercano aiuto. Nella nostra città ci sono molti ospiti o pellegrini. Fate ciò che avete promesso perché non si dica anche a voi ciò che fu detto ad Anania: Non avete mentito agli uomini, ma a Dio”, Sermone17,2-3.
Nell’udienza generale del 31 ottobre 2007, Papa Benedetto XVI descrisse così l’operato e la vita di San Massimo: “Tra la fine del quarto secolo e l’inizio del quinto, un altro Padre della Chiesa, dopo sant’Ambrogio, contribuì decisamente alla diffusione e al consolidamento del cristianesimo nell’Italia settentrionale: è san Massimo, che incontriamo Vescovo a Torino nel 398, un anno dopo la morte di Ambrogio. In quel tempo gravi tensioni turbavano l’ordinata convivenza civile. Massimo, in questo contesto, riuscì a coagulare il popolo cristiano attorno alla sua persona di Pastore e di maestro”.