Il mistero attorno ai tre italiani scomparsi da ormai più di un mese in Messico procede, così come le ricerche. Un giallo che ieri ha goduto di una svolta importante, in seguito alla notizia secondo la quale i quattro poliziotti arrestati e incriminati avrebbero confermato di “avere venduto i tre napoletani per 43 euro” ad una gang locale non meglio identificata. Una versione che, tuttavia, come spiega Il Giornale, continua a convincere poco. In primo luogo perché l’avvocato dei poliziotti ha denunciato che sarebbero stati brutalmente torturati. Dunque si comprende che la loro confessione resa sarebbe stata in qualche modo estorta. In secondo luogo, questo caso assomiglia per certi aspetti a quello dei 43 studenti di Ayotzinapa, svaniti nel nulla nel 2014 mentre stavano per recarsi in bus nella vicina città di Iguala, per contestare il comizio della moglie del sindaco. Finora è stato rinvenuto solo il corpo di uno dei 43 scomparsi e secondo le indiscrezioni sarebbe stata proprio la sindaca a dare l’input al massacro. Potrebbero essere stati anche i tre italiani vittime inconsapevoli di un contesto in cui polizia, politici e boss della droga locali vivono in realtà sotto un’unica cupola che agisce indisturbata nella totale indifferenza del governo locale? Un’ipotesi, questa, che purtroppo e visto il contesto non può essere affatto esclusa. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
IL POSSIBILE MOTIVO
Messico, italiani scomparsi: nuovi aggiornamenti sulla scomparsa dei tre napoletani nello Stato di Janlisco: parliamo di Antonio Russo (25 anni), il padre Raffaele Russo (60 anni) e il cugino Vincenzo Cimmino (29 anni). I tre sono stati avvistati per l’ultima volta lo scorso 31 gennaio 2018 a Tecalitlan e nelle scorse ore è giunta la confessione di quattro agenti di polizia, che li avrebbero venduti a membri dei narcos. Ma qual è il motivo? Secondo quanto rivela il Corriere della Sera, i tre italiani in Messico svolgevano un’attività da venditori ambulanti, distribuendo generatori elettrici made in China. Dei generatori scadenti, a quanto sembra, ma in realtà i tre non erano iscritti all’Aire (anagrafe per gli italiani nei paesi esteri) e non avevano una società di import-export registrata. E il precedente simile inquieta: nel 2013 il corpo del 21enne Ciro Poli venne trovato carbonizzato nella sua auto, anche lui vendeva generatori elettrici in Messico. E la ricostruzione sulla pista dei narcos sembra combaciare, con questi ultimi che si avvalgono di generatori elettrici per la lavorazione della droga nella giungla. (Agg. Massimo Balsamo)
MESSICO, ITALIANI SCOMPARSI: ARRESTATI 4 AGENTI
Sono quattro in tutto gli agenti arrestati e incriminati per la scomparsa dei tre italiani in Messico, dei quali non si hanno più notizie dalla fine del mese di gennaio. Secondo quanto riferisce Corriere.it citando i media locali, i poliziotti, tre uomini e una donna, avrebbero confessato di aver venduto i tre uomini campani – Antonio Russo di 25 anni, il padre Raffaele di 60 anni e il cugino Vincenzo Cimmino di 29 anni – ad una gang del posto. Ad oggi non è ancora chiaro cosa i tre italiani stesso facendo in Messico anche se, secondo il procuratore di Jalisco, Raúl Sánchez, sarebbero stati coinvolti nella vendita di generatori e macchinari agricoli di bassa qualità a prezzi esorbitanti, spacciandoli però per prodotti di ottima qualità. Tuttavia, i familiari degli scomparsi hanno smentito che i tre fossero coinvolti in attività illecite e truffe. Le loro ultime notizie si fermano allo scorso 31 gennaio quando furono fermati ad un distributore di benzina da alcuni poliziotti che li avevano invitati a seguirli. Russo lo aveva comunicato alla famiglia prima di interrompere ogni tipo di contatto. La zona in cui sarebbe avvenuta la sparizione, a Tecalitlan, sarebbe controllata dal cartello Jalisco New Generation, una delle più pericolose bande criminali messicane. I poliziotti erano poi stati trasferiti per un nuovo addestramento, anche se ora si pensa che ciò abbia rappresentato un modo per evitare di essere minacciati dalla gang alla quale avrebbero ceduto i re italiani, o intimiditi a cambiare la loro versione. Secondo i media locali ora i quattro agenti rischierebbero fino a 40 anni di carcere.
LA VERSIONE DI UNO DEI FAMILIARI
La confessione dei quattro poliziotti oggi non suona affatto come una sorpresa in quanto giunge dopo le parole di uno dei familiari dei tre italiani scomparsi in Messico. Francesco Russo, un altro figlio di Raffaele, come riporta Repubblica.it, nei giorni scorsi aveva dichiarato: “venduti a una banda di criminali per 43 dollari”. Proprio nei giorni scorsi i media messicani avevano pubblicato alcune foto che immortalano i tre insieme ad alcune persone armate. Non si esclude l’ipotesi che si tratti di persone appartenenti alla criminalità organizzata locale. La medesima procura di Jalisco che continua ad indagare sulla misteriosa scomparsa dei tre, ha avviato le indagini per fare totale chiarezza sulla vicenda che ormai da settimane sembra essere giunta ad un punto morto. Lo scorso venerdì, Luigi Ferrandino, l’avvocato che da alcuni giorni segue la famiglia, aveva asserito: “Sono contadini gli uomini armati fotografati con i tre napoletani scomparsi in Messico”. Attraverso alcuni fidati collaboratori messicani, infatti, aveva accertato che il fatto che fossero armati sarebbe da giustificare alla paura che tali contadini avrebbero di essere aggrediti dai briganti. Sull’identità delle persone ritratte insieme ai tre napoletani, infatti, il governo messicano non si sarebbe ancora espresso.