Come si sa la cosiddetta prova principe di tutto l’impianto accusatorio nei confronti di Massimo Bossetti è il dna, quello ritrovato sul corpo di Yara che ha permesso di identificare l’uomo. Ma il dna è davvero una prova così forte da poter far condannare un sospetto? Secondo il criminologo Luca Steffanoni no: “Sono piuttosto preoccupato da questa tendenza che si sta diffondendo di affidarsi solo alle prove scientifiche in caso di indagini. Tra queste quella del dna è la prova più leggera, infatti sappiamo tutti che il dna è trasportabile da un corpo umano a un oggetto e così via” ha detto al sussidiario.net. “Ci sono stati casi di depistaggi fatti apposta con il trasporto del dna. Vien e n mente il cosiddetto killer delle mani mozzate che ha ucciso una anziana trasportando il dna che un estraneo aveva lasciato su dei mozziconi. Quei mozziconi lui li ha lasciati nell’abitazione dove aveva ucciso appositamente perché le forze dell’ordine risalissero a un’altra persona e non a lui. Fortunatamente questo soggetto venne filmato davanti a un supermercato che prelevava i mozziconi con una pinzetta da un cestino dei rifiuti, un atteggiamento certamente strano che ha insospettito gli inquirenti e mettendo insieme le due cose si è capito che il colpevole era lui”. Dice ancora Steffanoni: “Il dna può essere uno strumento certamente utile in una indagine, ma può venire da qualunque cosa: un compagno di lavoro del Bossetti ha avuto mille occasioni per trovare uno straccio da lui usato e quindi aver preso il suo dna. Non voglio difendere il Bossetti, ma le indagini vanno fatte a 360 gradi. Il dna può essere un aiuto ma intanto non ce lo possiamo permettere per tutti i casi per il discorso dei costi che sono spaventosi. Se per ogni omicidio facessimo la stessa cosa andremmo in bancarotta. Attendo invece che emergano altre prove perché se l’unica prova è il dna il processo non si potrebbe neanche fare. Poi certo, siamo in un paese di urlatori dove si condannano le persone prima dei processi e dunque…”.
“Sommarie informazioni rilasciate da una persona del vicentino che riferisce di circostanze apprese ad una settimana di distanza dalla scomparsa di Yara, informazioni che coincidono con la motivazione della vendetta che l’indagato Bossetti ha fornito al Pubblico Ministero”. Quali sono queste informazioni che un nuovo teste rimasto anonimo ha detto di avere in mano? Si tratta in reatà di una pista alquanto vecchia, già indagata anni fa e che sarebbe stata archiviata proprio per mancanza di riscontri attendibili e sui proprio oggi si è espresso il pm che conduce le indagini, dicendo che comunque verrà fatta ogni verifica del caso. La pista cioè cioè della vendetta ai danni del padre: Yara sarebbe stata uccisa per uno sgarro che il signor Gambirasio avrebbe commesso nei confronti di personaggi misteriosi nell’ambito del suo lavoro. Bossetti sostiene che di questa ipotesi si parlava molto nel mondo dei muratori e dei cantieri edili, come una ipotesi più che attendibile. Ilsussidiario.net ha chiesto al criminologo Luca Steffenoni quanto secondo lui questa pista possa essere attendibile. “Più che attendibile” ha detto “è una pista che dovrebbero esplorare gli investigatori più che il Bossetti che può solo stimolare a fare delle indagini. E’ comunque fondamentale che in una indagine così fumosa come di fatto è questa vengano esplorate tutte le piste possibili. Dell’ipotesi della vendetta è se n’è discusso molto in passato ma non sappiamo al momento attuale se è stata scandagliata a fondo”. Per Steffenoni piuttosto “l’unica certezza che c’è in questo caso è che il delitto nasce nell’ambito di cantieri, muratori e operai quindi il cerchio si stringe un po’, queste sono le uniche cose attendibili. E dunque che in quell’ambito ci possano essere state vendette o no si può indagare nel vissuto del padre di Yara”.Valuteremo la segnalazione, ma la pista è già stata indagata a fondo e non ha prodotto nulla di concreto. Il pm Maria Letizia Ruggeri commenta la segnalazione giunta ieri da parte dell’avvocato dell’associazione Vite sospese che parla di una possibilità concreta che Yara sia stata uccisa per vendetta nei confronti del padre, rimasto coinvolto in un misterioso torto di lavoro. Qualcuno avrebbe le prove, si dice nella comunicazione. Per il pm si tratterebbe di una delle tante segnalazioni di mitomani che in quasi quattro anni ne hanno fatte a centinaia: “Avevamo già valutato l’ipotesi della vendetta, ma non è mai emerso nulla. Comunque se questa testimonianza darà indicazioni, ben venga. Non sarà difficile capire se ha valore o se è l’ennesima bufala” ha detto. Il pm ha poi fatto sapere che non chiederà il giudizio immediato nei cofnrotni del Bossetti.
E’ un mese esatto che Massimo Giuseppe Bossetti è in carcere con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra rapita e uccisa la sera del 26 novembre 2010. Il carpentiere di Mapello, padre di tre figli, continua a dichiararsi innocente anche se la sua versione dei fatti sembra cambiare ogniqualvolta emerge un nuovo elemento, dalle tracce di Dna alle riprese delle telecamere di sicurezza, fino ai racconti delle persone ascoltate e le celle agganciate dal cellulare. Lo scenario che si sta delineando potrebbe quindi portare la Procura di Bergamo a chiedere il giudizio immediato per Bossetti, forse anche prima dell’estate. A quattro anni dal delitto, quindi, la verità giudiziaria che la famiglia Gambirasio attende potrebbe arrivare a breve.
Agron Xhanaj, legale dell’Associazione “Vite parallele” rende noto di aver ricevuto in maniera anonima la testimonianza di una persona che avvalora la tesi dell’omicidi-vendetta circa l’assassinio di Yara Gambirasio. La ragazzina sarebbe dunque stata uccisa per ritorsione nei confronti del padre, Fulvio, così come già sostenuto da Massimo Giuseppe Bossetti. L’avvocato fa dunque sapere di aver inviato alla segreteria della Dott.ssa Letizia Ruggeri, pm della Procura di Bergamo, tutta la documentazione: “Si tratta di sommarie informazioni rilasciate da una persona del vicentino che riferisce di circostanze apprese ad una settimana di distanza dalla scomparsa di Yara, informazioni che coincidono con la motivazione della vendetta che l’indagato Bossetti ha fornito al Pubblico Ministero”. Il legale prosegue: “Quello che aveva da riferire la persona che si è rivolta a me non sono voci, ma circostanze un pò più dettagliate Sono circostanze che aveva appreso dopo la scomparsa della ragazzina, ma in quel momento non aveva dato loro eccessiva importanza: quando ha letto che anche Bossetti aveva accennato all’ipotesi della vendetta, ha valutato quelle circostanze sotto un’ottica diversa e ha deciso di riferirle”. E, dunque, conclude:“La riservatezza non mi consente di rivelare altro, neppure se si tratta di un uomo o di una donna; posso solo dire che nei giorni successivi alla scomparsa di Yara questa persona era nella zona, non per motivi di lavoro, e che è venuta a conoscenza di circostanze avvalorate anche da altre persone”.
Gli ultimi sms di Yara. Secondo quanto inserito nella documentazione dell’inchiesta sul caso, l’ultimo segnale dal cellulare della ragazzina arriva alle ore 18 e 55. La cella agganciata è quella di Mapello. Dunque la conclusione che se ne trae è che Yara cinque minuti prima delle 19 era ancora libera, non era stata rapita, e stava tornando a casa dopo essere uscita dalla palestra. Alle ore 18 e 49 una amica le aveva mandato un sms a cui lei aveva risposto. Poi più niente, il cellulare tace per sempre.
Spunta del nuovo dna oltre a quello che ha permesso di identificare prima Giuseppe Guerinoni e poi Massimo Bossetti. Sui leggins di Yara infatti sono state isolate nuove tracce che presentano del dna misto, cioè di più persone. Una scoperta ovviamente che potrebbe ribaltare nuovamente il caso, gli esperti sperano che tra queste tracce miste ci sia anche il dna del Bossetti. Il significato della presenza di diverse altre tracce di dna appartenenti a persone diverse ovviamente potrebbe avere molti significati: che la violenza non sia stata compiuta da una persona soltanto, ipotesi che già ha fatto capolino nelle indagini in precedenza, ma anche naturalmente che si tratti di dna di qualche membro della famiglia di Yara. E’ intanto passato un mese dall’arresto del presunto killer che si proclama sempre innocente. La difesa, davanti alla documentazione filmata della sua presenza davanti alla palestra quel 26 novembre 2010, fa notare che il Bossetti si trovava a passare sempre da lì, quindi non sarebbe nulla di sorprendente.