Il presidente della Repubblica ha lanciato un monito che, se non era ancora chiaro, ci dice della gravità della situazione in cui stiamo sprofondando: l’Italia non è più in grado di accogliere una massa di migranti così eccezionale (12mila nelle ultime ore). Per il senatore Mario Mauro (Forza Ialia), ex ministro della Difesa, ci sono responsabilità precise del governo Renzi, ma il fatto che il capo dello Stato, “un uomo che ha consacrato la lettura di questo fenomeno sulla base del principio di accoglienza”, nel suo intervento usi espressioni così forti ci dice che il problema non è più quello di un gioco di propaganda fra i difensori dell’accoglienza e i loro nemici”. La questione è semmai un’altra, spiega Mauro, ed è che non si può rinunciare a fare lo stato.
Senatore, il richiamo di Mattarella può essere letto come un ultimatum all’Europa? O ci aiutate o chiudiamo i porti?
Il problema, come è emerso recentemente in una riunione con le massime autorità europee e militari che si occupano del fenomeno migranti, è che non è possibile nessuna azione di carattere contenitivo del fenomeno se uno stato rinuncia a fare lo stato.
Cosa intende?
Il primo dato oggettivo è che la Libia non è uno stato e dunque non è possibile contare su di lei. Ma quello che è più grave agli occhi dei nostri partner è che anche l’Italia per certi versi abbia rinunciato ad esserlo.
In che senso?
Questo è l’equivoco che vede l’Italia soccombere davanti a questo riversarsi di decine di migliaia di persone. Il nostro governo è incapace di essere operativo nei confronti dei partner europei. Ci sono diversi nodi da sciogliere. Il più importante è che il governo Renzi ha gravemente sbagliato, e lo sottolineo, quando è stato fatto l’accordo con la Turchia. I flussi allora erano così composti: 86 per cento dalla rotta balcanica, il 14 per cento dalla rotta mediterranea. Dopo l’accordo con la Turchia i flussi vengono per il 96 per cento dalla rotta mediterranea e per il restante 4 per cento da altre rotte.
Perché Renzi avrebbe sbagliato?
Ha sbagliato non perché ha detto sì all’accordo con la Turchia, ma perché non ha negoziato in quell’accordo a chiare lettere un provvedimento che fosse contenitivo sull’area del Mediterraneo. E’ stato un errore gravissimo. Una volta siglato l’accordo con la Turchia è risultato molto più difficile, dopo che i paesi esposti a est hanno risolto il loro problema, mettere in discussione lo status quo, cioè il meccanismo delle quote che viene vantato dal nostro governo ma in realtà è del tutto inefficace.
Che cosa avremmo invece dovuto chiedere?
Avremmo dovuto chiedere che Tunisia ed Egitto, che sono i paesi limitrofi della Libia, dietro adeguato compenso come si è fatto con la Turchia istituissero dei centri di identificazione dei richiedenti asilo prima della partenza. Perché è facendolo prima che si capisce chi è richiedente asilo e chi richiedente economico. Sono errori ascrivibili al nostro governo, non all’Europa.
L’Europa non ha sbagliato niente?
L’Europa ci ride dietro. Dal loro punto di vista, molti paesi che hanno impegnato risorse ed uomini nell’area del Mediterraneo stanno facendo il loro dovere. Caricano le persone e le scaricano in Italia perché questo prevedono gli accordi che hanno preso con noi. Non si può dire, come si sta facendo adesso, che non sono solidali; quello che si deve rinegoziare è la destinazione o meglio il fatto che l’Italia sia considerata un paese di approdo ma non un paese di destinazione. Se vieni identificato come unico paese di destinazione sei destinato a soccombere.
Europa assolta con formula piena?
No. Le istituzioni europee hanno responsabilità gravissime ma per un’altra ragione. Si comportano e consentono che alcuni governi, come quello italiano, agiscano come chi in una cucina allagata raccoglie l’acqua senza chiedersi dove è il rubinetto che perde.
E dov’è il rubinetto che perde?
Non è in Libia, è dietro alla Libia e si muove su due direttrici fondamentali ben monitorate anche con i droni di potenze internazionali, cioè non solo europee: la via che viene dal corno d’Africa e la via che viene da Nigeria, Niger e Mali. Queste due vie non solo sono facilmente monitorabili; si può anche pensare di intervenirvi con una certa facilità, predisponendo interventi di una forza militare internazionale. Su terra, dunque, non in mare.
Non è un impegno troppo gravoso e pericoloso?
E’ quello che l’Unione europea ha già fatto con l’operazione Atalanta con cui l’Europa ha combattuto la pirateria al largo delle coste somale tutelando la libera circolazione dei beni economici. Allora cara Europa, se abbiamo fatto questo per difendere i nostri beni economici perché non fare altrettanto quando in ballo ci sono vite umane?