Settemila persone nell’Aula Paolo VI (volontari, membri di associazioni caritatevoli, rappresentanti di aziende donatrici) e altre migliaia in collegamento video hanno presentato l’opera del Banco Alimentare a papa Francesco. Tutti conoscono la Colletta alimentare, che ogni anno (la prossima sarà il 28 novembre) coinvolge oltre 130mila volontari in 11mila supermercati per una raccolta straordinaria di generi alimentari destinati ad essere distribuiti ai bisognosi. Ma dietro c’è l’attività quotidiana della Fondazione Banco Alimentare. In Italia l’origine dell’opera si deve all’incontro tra Danilo Fossati, imprenditore della Star e don Luigi Giussani. Dalla loro intesa è nata un’azione vasta ed efficiente, come ha ricordato il presidente della Fondazione, Andrea Giussani. Per citare un solo dato, oltre un milione e mezzo di persone aiutate nel 2015.
L’idea di recuperare e distribuire il cibo che per vari motivi andrebbe sprecato non è solo bella, è anche un’idea che funziona. E’ essenziale per la rete di opere caritative, che possono così aiutare i loro poveri, è occasione di crescita umana per i volontari che vi partecipano ed è funzionale anche per le industrie alimentari che donano le loro eccedenze o per evitare gli sprechi delle mense aziendali.
Lo hanno ricordato ieri tre rappresentanti di aziende che collaborano col Banco. Nelle loro parole la possibilità di fare solidarietà (la cosiddetta sensibilità sociale delle imprese) appariva non come un’aggiunta facoltativa, ma come parte essenziale dell’attività imprenditoriale. “Mio padre — aveva detto poco prima la figlia di Fossati al microfono di Alessandro Banfi — pensava che se si poteva aiutare, si doveva farlo”. Un concetto di disarmante semplicità, che si leggeva anche sui volti dei presenti. Carico di libertà, quel si deve appare lontano da ogni moralismo e fondato invece sulla naturale consapevolezza che l’altro e il suo bisogno sono parte della natura dell’io.
Quando ha iniziato a parlare, il papa è partito proprio dall’ingigantirsi dei bisogni nella società contemporanea: “la fame oggi è un vero scandalo — ha scandito — … ogni giorno dobbiamo confrontarci con questa ingiustizia, mi permetto di dire con questo peccato”. “Noi — ha aggiunto — non possiamo compiere un miracolo come l’ha fatto Gesù (la moltiplicazione dei pani, ndr), tuttavia possiamo fare qualcosa di fronte alla emergenza della fame, qualcosa di umile che ha anche la forza di un miracolo. Prima di tutto possiamo educarci all’umanità, a riconoscere l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto”.
Se si può, si deve. Oggi, di fronte ai potenti del mondo come alle persone comuni, chi sta spingendo sempre più in là il confine di ciò che si può fare è proprio papa Francesco. E per una ragione semplice, ma definitiva, che ha ripetuto esortando i volontari a ricordare che coloro che aiutano sono persone e non numeri; “a guardarli negli occhi, stringere loro la mano, scorgere in essi la carne di Cristo”.
Realtà come il Banco fanno capire come e quanto si possano allargare, e allargare ancora, i confini di ciò che a ciascuno è dato di poter fare. E fanno apparire la sproporzione tra la forza di certe testimonianze e le questioni di cui, invece, anche oggi, si occupano le prime pagine dei giornali a proposito della Chiesa.