L’Italia ha tempo fino a maggio del 2014 per adeguarsi alle linee europee imposte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di sovraffollamento delle carceri. Per questo motivo, su iniziativa del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, il Consiglio dei ministri ha dato oggi il via libera al decreto legge contenente Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena per ridurre il numero dei detenuti nel nostro Paese. Lo stesso Enrico Letta si è detto soddisfatto del lavoro svolto dal guardasigilli, e – prevedendo le consuete polemiche di rito sul tema “sicurezza” – si è premunito di sottolineare come il provvedimento non fosse il tanto paventato espediente “svuotacarceri”, ma il tentativo di intraprendere una gestione del sistema carcerario in modo culturalmente nuovo e, soprattutto, non autoreferenziale. Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone che dal 1991 si muove per la tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale, ci conferma che il via libera del Cdm è, finalmente, una buona notizia.
Il ministro Cancellieri ha detto che il decreto approvato non è una tattica “svuotaprigioni”: cosa ne pensa?
Il ministro ha detto bene: un termine come “svuotaprigioni” – cui i cultori del “metti il delinquente in prigione e butta la chiave” ci hanno abituato – richiama un allarme sicurezza che in realtà non c’è. Il decreto approvato contiene delle misure assolutamente ragionevoli che non svuotano nulla ma che faranno in modo che le carceri non si riempiano.
In che modo succederà questo?
Innanzitutto attraverso l’abrogazione di una legge contro la quale noi di Antigone siamo schierati da otto anni, cioè la legge n. 251 del 5 dicembre 2005 (la cosiddetta ex Cirielli) sulla recidiva, che aumentava le pene e riduceva la possibilità di accesso ai benefici per i recidivi che vivono di piccoli espedienti, togliendo loro ogni chance di recupero sociale.
Quindi non stiamo parlando di un cambiamento radicale…
Esattamente: si rimetterà in moto il sistema carcerario ante-2005. Per ora è questo, e noi riteniamo che sia una misura importante da intraprende ma non sufficiente per ridurre di 30mila unità il numero dei detenuti.
Cos’è necessario fare allora?
Bisogna intervenire su quelle leggi che producono tanta carcerazione senza però avere alcun effetto sulla sicurezza effettiva dei cittadini e, una volta fatto questo, pensare – come ha detto il ministro Cancellieri – a un provvedimento di clemenza.
Ma abbiamo constatato che l’indulto non risolve i problemi, anzi.
Certo, perché questi interventi sulla legislazione vanno integrati con un programma di efficace reinserimento nella società dei detenuti nel quale investire la maggior parte delle risorse a disposizione. Spero che l’amministrazione penitenziaria e il ministro della Giustizia continuino a lavorare nel solco del dialogo che si è aperto con l’approvazione di questo provvedimento.
Nella pratica?
Basta con la propaganda edilizia e che si usino i 350 milioni di euro a disposizione per attuare 10mila progetti di recupero sociale che garantirebbero un risultato migliore anche in termini di sicurezza collettiva.
(Maddalena Boschetto)