Bono e compagni, sempre sensibili ai temi etici internazionali, non sono rimasti certo indifferenti a una figura come quella di Nelson Mandela. “Il mare vuole baciare la riva dorata. La luce del sole riscalda la tua pelle. Tutta la bellezza che è stato persa nel tempo vuole ritrovarci. Non posso più combatter con te, sei tu quella per cui sto combattendo.Il mare fa scontrare le rocce, ma il tempo ci fa diventare come sassi levigati. Non possiamo cadere più in basso di così. Se non siamo in grado di sentire l’amore ordinario e non riusciamo ad andare più in alto, se non siamo in grado di gestire l’amore ordinario…”. È parte del testo di “Ordinary Love”, ovvero “Amore ordinario”, che è stata dedicata a Nelson Mandela dagli U2. Si tratta di un singolo del 2013, colonna sonora del film “Mandela:Long Walk to Freedom”. Il singolo è stato pubblicato il 29 novembre 2013, poco prima che Mandela morisse. La possiamo ascoltare nel video qui sotto.
A Nelson Mandela, che oggi avrebbe compiuto 96 anni, sono state dedicate diverse canzoni. Qui, nel video, ascoltiamo “Mandela Day” degli scozzesi Simple Minds, che la scrissero nel 1989 prima che Mandela venisse scarcerato. “Sono passati 25 anni da quando si sono portati via quell’uomo – recita il testo – ora la libertà si avvicina sempre di più ogni giorno, scrollati delle lacrime dai tuoi tristi occhi, Oh oh oh il giorno di Mandela, Oh oh oh Mandela è libero”. “In realtà Street fighting years è il nostro solo album davvero politico, – ha spiegato durante un’intervista rilasciata a “La Stampa” il leader del gruppo Jim Kerr -su sedici o diciassette. La geografia è cambiata, qualcosa di nuovo è successo in Sudafrica e a Belfast, ma purtroppo violenza e razzismo sono ancora problemi attuali, così Mandela Day continua ad aver senso anche se Mandela è libero. Per questo la suoniamo ancora, non abbiamo bisogno di scrivere altro”.
Con il termine apartheid (il cui significato letterale è “separazione”) si indica la politica di segregazione razziale nei confronti dei neri, meticci e indiani usata in Sudafrica. Di conseguenza, la popolazione non bianca viveva uno stato di inferiorità ed era soggetta a proibizioni. L’apartheid prese il via nel 1910 e tra le leggi del sistema c’erano: proibire i matrimoni interrazziali, veniva perseguito chi aveva rapporti con una persona di razza diversa, i cittadini dovevano essere registrati in base alla caratteristiche razziali, era proibito alle persone nere di entrare in alcune aree urbane, veniva proibito loro di utilizzare le stesse strutture pubbliche dei bianchi, e, tra le altre, c’era la legge che istituiva i ghetti per la popolazione nera. Notevoli erano le tensioni tra la popolazione che era composta di una minoranza bianca, il 21 per cento, questa gestiva il potere, una maggioranza nera, il 60 per cento, che era priva di diritti. I neri furono privati anche del diritto di voto e confinati a vivere nei ghetti. Nel 1924 le elezioni furono vinte dal National party, che ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna. In questa occasione, il governo mise in atto la teoria della eerbaare apartheid, cioè della “dignitosa segregazione”. La popolazione nera era bandita dai treni, dagli uffici postali, dagli ospedali, dalle spiagge. Negli anni Cinquanta si sviluppò una forte opposizione da parte dell’African national congress (ANC), un’organizzazione politica che fu fondata nel 1812 sulla scia dei principi fondati da Gandhi in India. Il risultato fu la repressione e spargimento di sangue. Nel 1962 nonostante le sanzioni economiche fatte dall’Onu, non cambiò la linea politica del National party. Sempre nello stesso anno, fu imprigionato il leader del movimento Nelson Mandela. Solo quando salì al governo Frederik de Klerk a partire dal 1989 iniziarono una serie di riforme e si aprirono i negoziati con l’ANC. Nel 1990 Mandela fu scarcerato e nel 1991 fu sancita la fine dell’apartheid.
Avevano in comune il sogno di libertà per il loro paese, entrambi – seppur con mezzi diversi – hanno lottato contro l’apartheid. Lei lottava con carta e penna, lui da attivista politico. “Lo hanno tradito. Però il suo spirito resterà con noi, e ci aiuterà a superare le difficili sfide che ci aspettano”. Così aveva detto Nadine Gordimer, la scrittrice che sfidò l’apartheid, il giorno dopo la morte di Nelson Mandela durante un’intervista rilasciata a “La Stampa”. La scrittrice, premio Nobel per la Letteratura, è morta lo scorso 14 luglio, proprio nella casa dove aveva ospitato Mandela, dopo la sua liberazione, a Johannesburg. “Ormai in Sudafrica viviamo in una cultura della corruzione – aveva spiegato – che minaccia l’intero tessuto sociale e nazionale. I responsabili, purtroppo, sono proprio i leader che hanno preso il posto di Mandela. Basti pensare al presidente Zuma, e al palazzo imperiale che si è fatto costruire con i soldi dei contribuenti, per la residenza personale nel proprio stato. Questa avidità per certi versi è comprensibile, perché è ovvio che dopo tanti decenni di repressione e privazioni, la gente voglia togliersi qualche soddisfazione. Però una simile corsa ai posti di potere, e al loro sfruttamento attraverso la corruzione, mi ha sorpreso e ha certamente deluso Madiba”. I due si conobbero grazie ad Anthony Sampson, un giornalista inglese, che conosceva Mandela e il giorno della sentenza di Rivonia, la scrittrice si recò in aula. Mandela leggeva le sue novelle durante i giorni trascorsi in carcere e si congratulava con la scrittrice per le cose che raccontava del mondo politico. Erano amici e vivevano lo stesso sogno: la libertà per il loro paese. Un sogno che si realizzò e che ha aperto la democrazia in Sudafrica. (Serena Marotta)
Lui si chiama Thamsanqa Jantjie e nel dicembre dell’anno scorso è stato chiamato sul palco della cerimonia in onore di Nelson Mandela andata in scena allo stadio di Johannesburg per tradurre nel linguaggio dei segni i discorsi dei tanti leader mondiali presenti, tra cui il presidente americano Barack Obama. Già pochi minuti dopo l’inizio della cerimonia, sui vari social network si era diffusa la notizia che la traduzione del 34enne non aveva alcun senso: dopo neanche mezz’ora, la comunità sudafricana dei sordi aveva spiegato in un comunicato che l’interprete stava facendo dei gesti a caso. L’episodio fece parlare tantissimo e suscitò reazioni indignate. Qualche giorno, il diretto interessato rilasciò un’intervista al quotidiano “The Star”: “Ho fatto da interprete a molte conferenze. Mai hanno detto che ho sbagliato”, ha dichiarato il 34enne che ha confessato di essere in cura per schizofrenia. Durante la cerimonia “non c’era nulla che potessi fare, ero da solo in una situazione pericolosa. Ho cercato di controllarmi e non far vedere al mondo cosa stava succedendo”. Ha dichiarato di aver avuto delle allucinazioni, ma che non poteva fare niente: “Ero davanti al mio Paese, non volevo che il mio intervento fosse vergognoso, ero circondato da guardie. Quando ho avuto l’attacco di panico e cominciato a vedere gli angeli, ho cercato in ogni modo di contenerlo”.
Oggi avrebbe compiuto 96 anni e Milano si sveglia con un murales dedicato a lui. Stiamo parlando di Nelson Mandela, nato il 18 luglio 1918 a Mvezo, in Sudafrica, simbolo della lotta contro l’apartheid. Un’opera di street art realizzata da PaoPao, Nais, il duo Orticanoodles e Ivan con il supporto di Building Energy per celebrare i vent’anni della sconfitta dell’Aparthied in Sudafrica. Il murales è stato realizzato sul muro di cinta della Fabbrica del Vapore di via Procaccini e riprende in rosso una citazione di Mandela: “It always seems impossible until it’s done”, ovvero “Sembra sempre impossibile, finché non viene realizzato”. Sulla parte sinistra è realizzata una madre sudafricana che guarda verso il popolo e verso Mandela e dalla parte opposta il ritratto di Mandela attorniato dai popoli della terra. Sullo sfondo il giallo, il rosso e il blu, per richiamare i colori della bandiera sudafricana, mentre si vede volare una colomba, simbolo della pace. Sotto lo stupore di tutti, l’opera street ha trovato il parere positivo del sindaco della città, Giuliano Pisapia, che ha lo ha inaugurato oggi e ha commentato: “Mi auguro che questo murale, che è arte e bellezza che arricchisce la città, sia da esempio a coloro che imbrattano e deturpano. C’è un altro modo per manifestare la propria espressività o la volontà di dare un contributo”.
Il 18 luglio di 96 anni fa nasceva a Mvezo, in Sudafrica, Nelson Mandela. E oggi, in onore del politico sudafricano morto il 5 dicembre 2013, Google celebra Madiba con un doodle. Sulla home page del motore di ricerca appare un ritratto dell’ex presidente sudafricano, il primo a essere eletto dopo la fine dell’apartheid. Cliccando sulla sua immagine, il doodle si anima e scorrono alcune delle sue frasi (in inglese) più famose dei Mandela. “Nessuno nasce odiando qualcun altro per il colore della pelle, il suo ambiente sociale o la sua religione”, è la prima citazione che ha come sfondo una serie di capanne in un villaggio. “Le persone imparano a odiare, e se possono imparare a odiare possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio”, è la frase che campeggia su un panorama sudafricano. Sul muro di una casa, dove dalla porta e dalla finestra si affacciano due bambini di etnia diversa, si legge: “Quello che conta nella vita non è il semplice fatto che abbiamo vissuto. È il modo in cui abbiamo fatto la differenza nella vita degli altri a determinare il significato della vita che conduciamo”. In una cella un uomo legge un libro: “L’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo”. L’immagine è un chiaro riferimento ai 26 anni di prigionia di Mandela. “Essere liberi non significa solo spezzare le proprie catene. Significa vivere rispettando e valorizzando la libertà degli altri”, è la frase che come in un fumetto esce dalla bocca di Mandiba durante un comizio. “La maggior gloria nella vita non è non cadere mai, ma rialzarsi ogni volta che si cade”, è l’ultima citazione affiancata a un ritratto di Mandela in età adulta.
Ribelle, politico, diplomatico ma anche grande pensatore. Nelson Mandela è ricordato anche per la profondità filosofica del suo pensiero. Ecco alcuni esempi di frasi che lo scomparso leader sudafricano ha rilasciato nel corso della sua vita. Cominciando da una necessità sempre sentita tra le più importanti: “L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”. Oppure una frase che spiega bene il suo concetto di leadership: “E’ meglio guidare da dietro e mettere gli altri davanti quando celebri una vittoria. Devi prendere il posto in prima linea quando c’è il pericolo. Allora la gente apprezzerà la tua leadership”. Questa invece una riflessione che riprende bene anche la sua vita stessa: “Non c’è alcuna strada facile verso la libertà, molti di noi devono passare per la valle delle ombre della morte continuamente prima di raggiungere la cima della montagna dei nostri desideri”. Una riflessione sull’uso del denaro: “I soldi non fanno il successo, la libertà di fare soldi invece lo renderà possibile”. Quindi un pensiero sul concetto di libertà per Nelson Mandela. “Essere liberi non è soltanto eliminare le catene ma vivere in una maniera che rispetti e aumenti la libertà degli altri”.
“Bisogna guidare da dietro lasciando credere agli altri di essere davanti”. È una delle frasi celebri pronunciate da Nelson Mandela. Leader del movimento anti-aparthied, Nelson Rolihlahla Mandela nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo, in Sudafrica. Studia legge e nel 1944 diventa membro dell’Anc, il Congresso Nazionale Africano, il movimento di lotta contro l’oppressione dei neri. Nel 1962 viene arrestato e rimarrà in carcere a Robben Island sino all’11 febbraio 1990. La testimonianza fatta davanti ai giudici rimarrà nella storia: “Sono pronto a pagare la pena anche se so quanto triste e disperata sia la situazione per un africano in un carcere di questo paese. Sono stato in queste prigioni e so quanto forte sia la discriminazione, anche dietro le mura di una prigione, contro gli africani. In ogni caso queste considerazioni non distoglieranno me né altri come me dal sentiero che ho intrapreso. Per gli uomini, la libertà nella propria terra è l’apice delle proprie aspirazioni. Niente può distogliere loro da questa meta. Più potente della paura per l’inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili condizioni nelle quali il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese. Non ho dubbi che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che dovrebbero essere portati di fronte a questa corte sono i membri del governo”. Nel 1993 riceve il Nobel per la pace, insieme al presidente De Klerk. Nel 1994 viene eletto alla presidenza del Sudafrica e resterà in carica sino al 1999. A giugno del 2004, a 85 anni, decide di ritirarsi dalla vita pubblica per dedicarsi alla sua famiglia. Per quanto riguarda la sua vita privata, il presidente ebbe tre mogli: della prima non si sa quasi nulla, mentre la seconda, Winnie, fu eletta dal popolo “madre della nazione africana”. Tuttavia, i due divorziarono e Nelson Mandela si risposò all’età di 80 anni con Gracia, 50enne, vedova del presidente del Monzambico. Il presidente Sudafricano muore all’età di 95 anni il 5 dicembre 2013.
Nelson Mandela avrebbe compiuto oggi 96 anni. La figura che ha più di tutte incarnato la lotta al razzismo, a livello e forse oltre a Martin Luther King e a Malcom X, entrò nei cuori di tutti il 10 maggio 1994. “Dio benedica l’Africa”. Così Nelson Mandela terminò il celebre discorso d’insediamento a Pretoria quando, dopo i ventisette anni di prigionia, diventò il primo presidente nero del Sudafrica e mise la parola fine all’apartheid. “Dall’esperienza di uno straordinario disastro umano durato troppo a lungo, deve nascere una società di cui tutta l’umanità sarà fiera”, disse Madiba che si è spento all’età di 95 anni a Johannesburg il 5 dicembre 2013. “Siamo invasi da un senso di gioia ed euforia quando l’erba diventa verde e i fiori sbocciano. L’unità spirituale e fisica che tutti noi condividiamo con la nostra terra, spiega l’entità del dolore che tutti noi portavamo nei nostri cuori nel vedere il nostro Paese che si autodistruggeva in un conflitto terribile, nel vederlo ripudiato, bandito e isolato dai popoli della Terra, precisamente perché era diventato la base universale di un’ideologia perniciosa, di pratiche e di oppressione razziste”. “E’ giunta l’ora di rimarginare le ferite – aggiunse durante un discorso che come pochi altri rimase nella storia – E’ giunta l’ora di colmare i divari che ci dividono. Questo è il tempo di costruire. Abbiamo finalmente raggiunto l’emancipazione politica”. “Ci sia giustizia per tutti. Ci sia pace per tutti. Ci siano lavoro, pane, acqua e sale per tutti”, concluse Mandela. “Il sole non tramonterà mai su una conquista umana tanto gloriosa. La libertà regni sovrana. Dio ci benedica e benedica la nostra terra”.