Enrico Mentana ha salvato La7, trasformandola da giardinetto di giochi a locale di successo. Ha dimostrato quanto sia decisivo un telegiornale per la politica e l’identità di un canale tv. Gli altri tg nascondono o stiracchiano la politica? Pensano che il pubblico lo si conquisti con i servizietti leggeri, evanescenti, involontariamente comici? Con testi e immagini buttati giù un tanto al chilo? Con l’ossessione isterica di accorciare i pezzi e le corrispondenze in diretta? E lui fa un tutto-politico, va per le lunghe, allestisce pezzi da due minuti altrove considerati un’eresia, racconta e commenta. Andando in controtendenza
Mentana già decretò il successo clamoroso del Tg5 che di punto in bianco portò via il 30% degli spettatori dei tg Rai (immaginatevi un’azienda che da un giorno all’altro perde un terzo della sua quota di mercato… così fu all’epoca). Allora c’era troppa politica, i pastoni, il rosario delle dichiarazioni e lui puntò tutto sulla cronaca: molta nera, molta vita vissuta, storie di persone, secondo lo stile dei tg americani.
La stessa operazione controtendenza non gli è riuscita così bene con Matrix, ma questo è un altro discorso. Invece nel suo nuovo tg è stato un trionfo. E l’effetto ha trascinato gli ascolti dei programmi del canale Telecom – programmi a dir la verità piuttosto irrisori (Otto e mezzo tra tutti, come ha spesso mirabilmente argomentato Aldo Grasso). Al punto che oggi mezza Raitre vorrebbe traslocare a La7, che chi se ne era andato ritorna, che “Santoro e il suo gruppo”, che “siamo una grande squadra”, che “facciamo la vera informazione”, che “abbiamo lavorato duro”, ecc.
Si sta creando così un nuovo club di ottimati, che erano gli aristocratici più fighi e conservatori della Roma antica. Orgoglio intellettuale, solidi redditi, disinvoltura massima, amicizie claniche pur punteggiate di gelosie e rivalità, un pizzico di vittimismo, nel senso che continuando a urlare che gli vogliono togliere la libertà di espressione parlano più di tutti, la titolarità della rappresentanza del popolo, l’abilità di cadere sempre in piedi. Giornalisti e opinion maker così ce n’è da tutte le parti, è vero, ma questo che alberga in certe aree Mediaset (la galassia Zelig, ad esempio, programma molto più antiberlusconiano di Annozero), che possiede Raitre e regioni sparse del territorio Rai, che naviga a gonfie vele nei mari della carta stampata, è un vero fenomeno cultural-generazionale.
Gli ottimati della parola, e quindi anche del pensiero, si basano su alcune regolette semplici: in economia il pubblico è bene e il privato è male; nella giustizia chi accusa è bene e chi si difende è male; in società chi si rivolta è bene e chi non lo fa è male; nella vita pubblica bene le regole, male la libertà, in quella privata bene la libertà, male le regole; bene l’individuo, male la famiglia; e per quanto riguarda la Chiesa, bene quella che ascolta, male quella che parla.
Naturalmente a queste regole non mancano le eccezioni, in genere dipendenti da chi si trova al governo. L’assunto fondamentale è che la professione giornalistica non deve raccontare la realtà, ma cambiarla (e nel frattempo assicurare un buon contratto). E qui arriviamo al cuore della faccenda: la vittoria del “sessantottismo”, una vittoria non ideologica, poiché nessuno crede più alla rivoluzione e a Marx-Lenin-Mao, bensì culturale. Ecco allora le formule abusate e stravolte della “società liquida” (Baumann) e dei “non luoghi” (Augé) per interpretare la modernità; ecco il codice della correttezza che dovrebbe rendere accettabile ogni distruzione: le coppie si separino, “ma in modo civile”, la guerra si faccia, “purché sia umanitaria”; ecco il dogma della privatezza delle fedi; ecco il mondo che viene messo sotto i riflettori del pregiudizio; ecco l’enfasi contundente sul ruolo salvifico della Politica (che non c’entra con la politica “minuscola” che ha salvato il Tg della 7 e poi tutta la rete; anzi credo che a Mentana non piaccia trasformare in ideologica quella che è maestria professionale: sarà davvero contento dell’attuale prospettiva della rete?).
Con questi capisaldi nell’ultimo decennio il potere degli ottimati ha conquistato una posizione egemonica e si propone oggi di disporre di una nuova roccaforte. Vista qual è la forza di un tg?