L’altro giorno stavo parlando con un amico. Discutevamo di un episodio apparentemente banale. Un conoscente aveva avuto un incidente in bicicletta e cadendo si era fatto piuttosto male. Essendo un personaggio noto dove abita e ricoprendo un incarico di rilievo, ovviamente la notizia di quanto avvenuto aveva cominciato a circolare rapidamente, insieme ad alcune foto. In men che non si dica, un incidente serio si era trasformato in una lotta tra la vita e la morte sui principali mezzi di informazione.
Quando sono stata informata dell’accaduto (circa 48 ore dopo) ho digitato il suo nome su Google ed è apparsa una sfilza di notizie molto allarmanti. Non ho perso tempo e ho subito chiamato le persone a lui vicine per sincerarmi delle sue effettive condizioni. La risposta mi ha confortato e raggelato allo stesso tempo “Ha preso una bella botta, ha diverse fratture, ma smentisce assolutamente quanto stanno scrivendo in giro”. Nei giorni seguenti ho poi avuto moto di approfondire ulteriormente e comprendere la dinamica dell’incidente e del protocollo medico attuato.
Di fronte al mio sbigottimento per l’accaduto, ma soprattutto per la leggerezza con la quale si era parlato di persona in fin di vita (oggi, dopo solo cinque giorni dall’accaduto è a casa, ndr), l’amico di cui parlavo all’inizio mi ha detto: “Lucia, devi scriverci una riflessione”. All’inizio non volevo farlo. Mi ero occupata di informazione e di Internet già diverse altre volte, spesso riprendendo spunti di grandi autori come Nicholas Carr (Internet ci rende stupidi?), Alessandro Baricco (I barbari), David Weinberger (La stanza intelligente) e Stefano Rodotà (Il mondo nella rete). Pensavo fosse abbastanza.
Poi però ho pensato anche a un altro evento mediatico che si era appena verificato. Ovvero la foto pubblicata su Facebook di Stephen Spielberg accanto a un triceratopo morto che aveva generato una vera orgia di condivisioni (oltre 31 mila) e commenti (più di 6 mila) dai toni da commedia dell’assurdo.
Il grande regista americano veniva infatti accusato di essere un cacciatore senza scrupoli, una persona da cui prendere le distanze. Alcuni animalisti si erano scatenati nel condannare un atto “disgustoso” come la mattanza immortalata. Peccato che si trattasse di una foto di scena del film Jurassic Park scattata nel 1993 con un dinosauro meccanico. Del resto non poteva essere diversamente, visto che l’animale in questione è estinto da milioni di anni. I due episodi, nella loro diversità, riportano però allo stesso tema. Quello della superficialità e della mancata verifica delle notizie. Che si tratti di siti di informazione o di pagine Facebook di privati o aziende, la tendenza è seguire il flusso. Velocemente e senza andare in profondità, o banalmente senza una verifica.
Nella faccenda riguardante Spielberg è poi emerso, per esempio, che Jay Branscomb, il primo a pubblicare la foto con la didascalia: “Per favore, condividete la foto, così che il mondo possa svergognare questo uomo spregevole» è un burlone che già in passato si era fatto notare per queste provocazioni in rete. Quello che ritengo sia importante tenere a mente è la necessità di conservare quella capacità critica che ci porta a farci delle domande prima di “abboccare” a qualsiasi notizia.
Sia Nicholas Carr che Alessandro Baricco sono concordi nel ritenere che la Rete sia l’evoluzione epocale della geniale invenzione di Gutemberg (non per niente parliamo di pagine anche sul web), ma forse oggi più che mai avremmo bisogno di bibliotecari vecchio stampo che ci possano orientare e guidare sia per identificare i testi autentici e veritieri, sia per scartare quelli “roboanti”, ma falsi. Ho trovato, a questo proposito, molto calzante una massima di Sun Tzu ne “L’arte della guerra” (letto nell’edizione curata da Bruno Ballardini per Piemme) che recita: “Non affrontare mai il nemico vicino a un fiume. Prendi piuttosto posizione su un terreno più elevato, sotto la luce del sole. Non prendere mai posizione a valle della corrente”. Il nemico è la massificazione. L’oscurità del “non sapere” contrapposto al sole della conoscenza. La chiarezza di pensiero di chi sta in alto é necessaria se non si vuole essere travolti a valle dal flusso incontrollato e magmatico delle notizie. E ricordiamoci anche Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, Canto XXVI): “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”. Come Ulisse, non perdiamo la voglia di essere curiosi. Di ricercare la verità. Di farci delle domande. Come un novello Ulisse, navighiamo nel mare di Internet, senza farci portare dalle onde, ma tenendo il timone ben saldo nelle nostre mani.