Che mondo sarebbe senza Nutella. Eppure da ieri sera anche lo stabilimento di Cuneo della Ferrero ha dovuto per forza di cose chiudere i battenti, almeno per tutt’oggi, rinviando tutti gli happening in programma per i 70 anni di attività.
L’esondazione del fiume Tanaro ha messo in ginocchio una parte del Piemonte, ma il maltempo sta flagellando anche la Liguria e sfiora la Lombardia. La natura si ribella e violenta le opere dell’uomo. Sono tante le strade provinciali che sono state chiuse al traffico, tantissime quelle comunali che sono invase dal fango, dai detriti, dalle frane. O che addirittura non esistono più. E la mente degli adulti torna al 1994, quando le esondazioni causarono vittime in un mare di fango.
I sindaci sono già corsi da Renzi, tutti pronti per ottenere lo stato di calamità naturale, sperare in rimborsi per risarcire i danni. Ma la domanda che in molti sorge è un’altra. Tutti a preoccuparsi dei danni, giustamente, ma è come piangere sul latte versato. La violenza della natura, la forza delle acque è imprevedibile e il cambiamento climatico ha le sue colpe. Ieri gli esperti hanno messo in evidenza che la pioggia nei paesi, per quanto torrenziale, è nella logica delle cose. Un po’ meno, a fine novembre lo è in montagna, sulle Alpi, a duemila metri di quota. Lì, di questi tempi dovrebbe nevicare non piovere. E invece no, è proprio da lì che l’acqua si accumula e prende la rincorsa per giungere a valle forte della sua potenza. Ma quanti piani regolatori, quanti piani urbanistici hanno fatto diventare lecito a suon di condoni, di sviste o finanche di favoritismi, l’avanzare del cemento e dello sviluppo urbano in aree di rispetto ambientale?
La natura farà sempre il suo corso, con le alluvioni o i terremoti, ma l’uomo deve cominciare a pensare diversamente il territorio dove vive e dove dovrà far vivere i propri figli e i propri nipoti. Oggi, così come nelle Marche, in Umbria, in Abruzzo e nel Lazio, anche in Piemonte e in Liguria comincerà la conta dei danni. Si chiederanno soldi che non ci sono, che l’Europa stenterà a dare, che tutti i cittadini saranno, si spera di no, chiamati a versare attraverso balzelli nuovi o tasse di scopo. Oppure con centesimi di rincaro dei carburanti. Un circolo vizioso pericoloso. Certo il pensiero va a chi all’improvviso si trova fuori di casa, accampato. Ma sempre meglio di un profugo che ha attraversato terre e mari in cerca di una presunta terra promessa. C’è sempre un amico o un parente che tende una mano. E questa è la ricchezza inaspettata, anzi troppo spesso sottovalutata, del nostro quotidiano.
E mentre in Piemonte sale l’allarme e cresce la disperazione, nelle zone terremotate del Centro Italia bisogna capire cosa fare per il futuro. Il commissario per la ricostruzione Vasco Errani è alle prese con un cratere sismico che dopo la scossa di 6,5 di magnitudo dello scorso 30 ottobre si è allargato notevolmente. Il Senato ha approvato il nuovo dispositivo che la Camera licenzierà ai primi di dicembre. Molti comuni e danni innumerevoli. E il discorso sulla prevenzione, sulla sicurezza, sulla responsabilità di chi amministra le comunità torna alla ribalta con prepotenza. Errani pensa anche alle piccole comunità, paesi piccoli, ma anche centri di dimensioni un poco più grandi come Accumoli, che all’improvviso sono vuoti, disabitati, e che avranno difficoltà a ripopolarsi. L’Appennino umbro marchigiano, i Monti della Laga e i Sibillini rischiano di diventare come la Sila e l’Aspromonte. Ma la volontà di farli tornare a vivere, a respirare gli antichi ricordi degli emigrati che d’estate mettono i paesi a festa è viva e forte. Nonostante tutte le difficoltà.
Rimane, di fondo, la necessità di un nuovo rapporto con la natura. L’attenzione, il rispetto. Ne va del futuro di tutti.