I suoi modi amichevoli e bonari gli sono costati 12 giorni a San Vittore, nel braccio riservato ai detenuti per reati sessuali, e 11 mesi ai domiciliari: ma per Maurizio Minora, docente d’arte alla scuola media Manzoni di Milano, dev’essere stata la pena più facile da sopportare. Di sicuro è stato più difficile sopravvivere alle accuse di chi lo descriveva come un molestatore dei suoi alunni e delle sue alunne, soltanto per quel suo modo di fare aperto ed empatico che da sempre lo aveva caratterizzato. Una pacca sulla spalla, una sculacciata scherzosa per far rientrare in classe gli alunni che erano soliti sostare fuori dall’aula, si erano rapidamente trasformate in vere e proprie molestie, secondo il racconto di 4 alunne di I e III media, che all’epoca dei fatti dicevano di essere state accarezzate sulle cosce, all’inguine e sul fondoschiena, da quel professore descritto prima come gay, poi come violentatore del proprio figlio e infine come a sua volta abusato.
Tutte bugie, tutte falsità scaturite da quella che i giudici Giovanna Ichino, Anna Zamagni e (estensore) Alessandro Santangelo hanno definito una “suggestione collettiva” che non ha trovato riscontro se non nel racconto delle ragazze. Protagoniste che “non può sottacersi fossero legate da relazioni psicologiche molto complesse”: una era ad esempio “psicologicamente succube” della sua migliore amica; un’altra vittima di bullismo, mente la leader del gruppo aveva iniziato “ad attribuire agli atteggiamenti fisici e affettuosi, da sempre tenuti dal professore, una connotazione sessuale che in realtà non avevano affatto, influenzando le persone a lei più vicine per trovare conferma al suo erroneo vissuto soggettivo”. E anche la polizia locale, al momento dell’arresto, avevano fatto confusione: rappresentando al pm che le 4 ragazze erano state tutte toccate sul fondoschiena quel giorno. Un’eventualità smentita dall’incidente probatorio, in cui le giovani sostenevano invece di essere a conoscenza della presunta molestia subita da “una” di loro. Nessun dubbio sull’innocenza del professore: tanto che né la Procura della Repubblica, né quella Generle hanno impugnato la sentenza di assoluzione visto che “il fatto non sussiste”. Per il prof Minora l’incubo è finalmente finito.