Senza esagerare, però i Giochi di Rio possono oggi rappresentare il lato positivo della vita. Della vita, già. Non solo dello sport. I tempi sono grami, umanamente accidentati, però non scade mai il tempo della risalita. Rio è un’ottima occasione per rifarne esperienza. Laddove per un mese circa si incrociano volti, muscoli, sudore. Storie, insomma. Papa Francesco ha immediatamente colto il sale delle olimpiadi. Nel richiamo alla solidarietà, all’incontro. La prima medaglia da vincere è la ricerca di un gesto, di un gesto naturale, come quello fra atleti che provengono dal loro Paese.
Vista da qui Rio è lontana, il fuso orario non aiuta, le gare per lo più nel cuore della notte. Eppure sentiamo così vicini questi Giochi, come se ne avvertissimo un bisogno urgente. Di normalità. Di competizione a fin di bene. Mentre si continua a leggere da qualche parte di scontro di civiltà, l’Olimpiade diventa il luogo dell’incontro di civiltà. La corsa più bella è rendersene conto. E tifare per quell’incontro. Parteciparvi tutti. Ciascuno secondo il suo. Atleti e spettatori. Ecco il testimone da passarsi per vincere la staffetta più bella.
Questo è lo spirito giusto, come ha ricordato il Santo Padre nell’udienza del mercoledì (ieri per chi legge). Liquidare le sue parole con la più classiche delle alzate di spalle denota mancanza di allenamento. Così non si gareggia proprio. Ci si arrende prima. Al lato negativo della vita. Un pessimo record.
Domani è il grande giorno dell’inaugurazione. Quella, di solito, mette d’accordo tutti. Incollati alla tv, per commentare lo spettacolo, la sfilata degli atleti, le divise ufficiali. Suoni e colori. Stavolta si vedrà sfilare anche il Kosovo e sappiamo cosa significhi. L’Italia ha in Federica Pellegrini la portabandiera. Ci attendiamo molto da lei, ma anche il resto della squadra del nuoto non scherza. Così come dai tuffi: vero Tania Cagnotto?
La scherma non deluderà, si può già aprire il forziere. È legittimo attendere medaglie dalle discipline meno pubblicizzate: tiro con l’arco, le varie pistole e carabine, forse il judo. Nel pugilato c’è il massimo Clemente Russo alla quarta olimpiade. Lui è un fuoriclasse del ring. Difende come nessuno e colpisce indietreggiando, come un certo Mohammed Alì. E per la prima volta abbiamo una pugilessa, appena diciotto anni: Irma Testa. Ha talento e grinta napoletana. Non diciamo niente, però…
Nei giochi di squadra, occhio alla pallavolo maschile (Simone Giannelli è già un super in cabina di regia, un Pirlo under venti!) e alla vasca, cioè settebello e setterosa. Se la tradizione è ancora un valore allora è lecito farci un pensierino. E se la ginnastica maschile è ai minimi storici (Yuri Chechi, Igor Cassina, Matteo Morandi dove siete?) coviamo speranze al femminile. Anche nella ritmica. In questo caso parlare di medaglia d’oro non è un azzardo. Come non lo sarebbe stato nel salto in alto maschile con Gianmarco Tamberi. Lo avevamo incontrato un mese fa a Roma. Non si nascondeva, diceva di avere nelle gambe il salto per il gradino più alto del podio. Poi, sappiamo com’è finita.
Non potrà salire in pedana, tuttavia sarà a Rio con tutta la spedizione azzurra. Anche questo è il bello dei Giochi. Della speranza a cinque cerchi. Il lato positivo della vita, “fondato sul riconoscimento che tutti siamo membri di un’unica famiglia umana, indipendentemente dalle differenze di cultura, colore della pelle o religione.
E per i brasiliani, che con la loro gioia e caratteristica ospitalità organizzano la Festa dello Sport, auspico che questa sia un’opportunità per superare i momenti difficili e impegnarsi nel ‘lavoro di squadra’ per la costruzione di un paese più giusto e più sicuro, scommettendo su un futuro pieno di speranza e di gioia”. Papa Francesco è sempre in gara. Testimone con il suo bel testimone fra le mani da passare.
(Enzo Manes)