Caso marò. Una serie di sfortunati eventi a cui non manca proprio nulla: dall’incidente in acque internazionali con tanto di petroliere, pirati o pescatori uccisi a fucilate, al pasticcio diplomatico tra Italia e India; dalla debolezza delle istituzioni italiane, così poco energiche nel difendere i propri militari, all’indignazione di Sonia Gandhi. I due “servitori dello Stato italiano”, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati della morte di due pescatori indiani, dopo il braccio di ferro Roma-New Delhi, sono dovuti ripartire per l’India, dove saranno processati. Intanto ieri il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, si è dimesso, con contorno di polemichedentro e fuori del governo. Toni Capuozzo, che lunedì ha dedicato ai due fucilieri la puntata del suo programma di approfondimento “Terra!”, è stato raggiunto da ilsussidiario.net.
È una vicenda intricata, quella dei due marò. Secondo lei qual è il problema fondamentale che ha permesso che scoppiasse un simile “incidente diplomatico”?
In questa storia c’è una catena di errori che iniziano con l’accordo che fece Ignazio La Russa quando era ministro della Difesa. La Russa concesse agli armatori italiani una presenza armata di militari a bordo delle navi, senza però che vi fosse chiarezza sulla catena di comando. Il secondo errore è stato quello di non aver stipulato – nel momento in cui si è deciso di ricorrere a militari italiani con base nello Sri-Lanka e che operano nell’Oceano Indiano – una di quelle convenzioni bilaterali tra il Paese che invia del personale in divisa e il Paese nella cui area opera questo stesso personale, come quelle che stipulano spesso gli Stati Uniti per giudicare in patria i proprio militari che abbiano commesso o siano indagati per aver commesso reati in altri Paesi. Naturalmente non è tutto qui.
Vada avanti.
Il terzo errore è più di natura politica ed è la linea estremamente prudente e conciliante da subito adottata dal governo italiano – in questo caso dal Governo Monti – nel contenzioso con l’India. Era ovvio che si sarebbero dovute muovere di più le acque a livello internazionale, perché c’è una convenzione che stabilisce che un fatto avvenuto in acque internazionali, quando riguarda militari in missione estera, sia giudicato dal Paese dei militari stessi. Ma l’Unione europea in merito alla vicenda non ha detto nulla o quasi nulla, come del resto hanno fatto anche gli Stati Uniti e la Nato della quale pur facciamo parte. Evidentemente tutti hanno pensato che una posizione accomodante sarebbe servita a spegnere pian piano il caso.
Perché si è deciso di adottare tale linea “accomodante” nei confronti dell’India?
Penso sia stato fatto per salvaguardare le buone relazioni diplomatiche con l’India e, in qualche misura, anche quelle economiche, ma credo soprattutto che il “peccato originale” stia nel fatto che c’era un governo tecnico che aveva le carte per istituire un qualche prestigio internazionale dell’Italia per quanto concerne i rapporti europei, ed era un governo che aveva buoni rapporti con i poteri forti in Europa, ma assolutamente digiuno di politica internazionale che vada al di là della Bce. Un governo quindi debole dal punto di vista della diplomazia.
Quindi non ci vede delle cospirazioni, ma più che altro un’incapacità pratica a livello istituzionale?
Non sono uno che va a guardare le dietrologie e i sospetti, anche se ci sono sicuramente degli interessi commerciali da salvaguardare. Se proprio bisogna indagare su una dietrologia, forse sarebbe più interessante pensare ad altro: in India molti hanno parlato di un incidente cercato dall’opposizione per mettere in difficoltà il partito presieduto da Sonia Gandhi, che è di origini italiane e in India continua a contare molto nel dibattito politico. Un incidente con l’Italia è perfetto per metterla in difficoltà e lei sapeva che avrebbe potuto pagare duro per questo incidente. I suoi figli infatti sono sul punto di entrare in politica e lei – come ha fatto schierandosi contro l’Italia – sta difendendo le sorti di un partito e quelle di una dinastia della politica indiana.
Lunedì in trasmissione lei ha detto di aver conosciuto Massimiliano Latorre a Kabul e ha parlato di lui come “amico”…
Per me è un amico. L’ho conosciuto in Afghanistan al comando della scorta che mi era stata assegnata per una settimana e l’ho visto all’opera nel traffico di Kabul, quando si tratta di decidere se un’automobile che ti sta puntando contro è un’autobomba o è semplicemente uno che guida male. L’ho conosciuto quindi in una situazione per cui uno con il grilletto facile aveva tutte le ragioni per premerlo, cosa che lui non fece. Ho conosciuto un professionista serio, coscienzioso e prudente.
A livello italiano l’opinione pubblica è divisa, come sempre, tra colpevolisti e innocentisti.
Una parte del nostro Paese è ancora carica di pregiudizi: basta una divisa per essere additati. Che è la stessa cosa che succede quando si dice che questi qui (i marò, ndr) erano all’estero per guadagnare. Sono i pregiudizi di un’Italia che non ama e non capisce chi veste una divisa e cerca di servire il suo Paese in questo modo. Il livello di pregiudizio in Italia si vede anche nei processi: una persona non è colpevole finché questo non è sancito da una sentenza, ma vedo che molti frettolosamente hanno accettato che ci sia una colpevolezza per Latorre e Girone, cosa che per me è tutta da dimostrare.
Ci sono dei precedenti per questo “pasticcio diplomatico”, magari in altri ambiti, ad esempio nei rapporti tra Italia e Usa?
Il caso più simile a quello dei marò è quello del processo per il sequestro di Abu Omar, in cui erano implicati dei funzionari della Cia che la magistratura italiana voleva giudicare: gli Stati Uniti non hanno però mai consentito che venissero giudicati in Italia, che rimase a capo chino e dovette accettare.
Succederà lo stesso con gli Usa in merito al processo che vede imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito?
Fermo restando il fatto che la situazione è diversa, dal momento che lei è una cittadina civile e non un militare, gli Stati Uniti considerano ogni loro cittadino una persona da tutelare, persino al di là delle convenzioni, al contrario del comportamento che attuano nei confronti degli stranieri. Nei rapporti tra Italia e Usa ci sono dei momenti di acquiescenza che non vengono però ripagati in modo corretto dall’Italia, come nel caso di Silvia Baraldini che fu estradata in Italia per scontarvi la pena per motivi di salute e che ora non solo gode di ottima salute ma è anche in libertà. Casi del genere non aiutano nei rapporti tra Stati Uniti e Italia, da molto prima della vicenda di Perugia.