YANGON (Myanmar) — Mercoledì è stata la giornata pubblica per eccellenza: dopo la messa al Kyaikkasan Ground (un parco nel centro della città) con 150-200mila persone si è recato nel pomeriggio al Consiglio supremo “Sangha” nel Kaba Aye Center per poi incontrare in serata in cattedrale i vescovi. Ieri, prima di partire, ha incontrato alcuni giovani in cattedrale. Della messa avete avuto notizie ieri.
L’incontro con i monaci è stato molto formale (e non poteva essere diversamente fra chi non si era mai incontrato) ma le cose dette sono state ugualmente importantissime per la chiesa e la nazione birmana. Va ricordato che in Birmania il buddismo è fondamentale sia da un punto di vista culturale, sia per il ruolo di potere che esercitano le gerarchie dei monaci. Potremmo discutere fino a domani senza venirne a capo, se si deve considerare il buddismo una religione o una filosofia. Ma credete che ai milioni di persone che pregano Buddha interessi? Ad ogni buon conto, facendo una similitudine (che vale per quel che vale, perché i tempi e i contesti sono diversi, ma rende l’idea): il buddismo sta alla Birmania come il cattolicesimo all’Italia negli anni 50 moltiplicato per sette volte sette. Ma cos’ha detto il Papa di così importante?
In ogni epoca, in ogni paese ci sono conflitti (Come dire: io non mi scandalizzo che questo avvenga anche nel vostro paese, voi stessi non scandalizzatevene). La strada per la soluzione è il dialogo e la compassione (nota bene: io che mastico un po’ di birmano sarei curioso di sapere perché è stato scelto il termine “compassione”, perché la differenza culturale tra oriente e occidente è tale che vi sono concetti e idee che noi sintetizziamo in una sola parola ma non hanno corrispondenza nelle lingue orientali. E viceversa). Stimo chi vive il buddismo e il ruolo dei monaci che hanno insegnato molto al popolo, specie la pazienza. La preghiera del Buddha è molto simile a quella di san Francesco (laddove c’è odio…). C’è bisogno di unità fra le religioni per difendere la pace, la dignità umana e la giustizia. Dobbiamo superare le incomprensioni per arrivare a una giustizia inclusiva per tutti. E infine, vi dichiaro che noi siamo disponibili a una maggiore collaborazione per realizzare la giustizia e la pace.
Come si suol dire (ed è vero): questi sono appunti non rivisti dall’autore. Nel senso che li ho presi schiacciato contro un muro in pagoda sul quaderno rubato a mio figlio prima di partire. Bisognerà rileggere il testo per bene ma una cosa salta all’occhio: questa è la cresima della democrazia in Birmania. Se qualcuno avesse avuto riserve mentali sull’esperimento di cauta apertura che qui si sta attuando o avesse avuto in mente un ritorno al passato, dopo questa dichiarazione, avrebbe qualche problema in più. Il capo dei cattolici dice: lavoriamo insieme per la pace e la democrazia e ha dato indicazioni in tal senso. Se domani un generale decidesse di fare di nuovo un colpo di stato e far tornare l’orologio della storia indietro, dopo questo intervento credo avrebbe difficoltà presso la gerarchia buddista che dovrebbe benedire questa scelta. Come farebbero a giustificarla nei confronti dell’opinione pubblica interna e mondiale?
Una riflessione per i lettori del sussidiario. Il ruolo strategico in termini geopolitici della Birmania è enorme. I casi sono due: o è sottovalutato per ignoranza o è taciuto per arguzia. Nel nuovo risiko mondiale generato dalla globalizzazione, in cui il traffico delle merci è fondamentale, la posizione geografica assume rilievo importantissimo. Se la Cina controllasse totalmente la Birmania, avrebbe accesso diretto all’Oceano Indiano per le sue navi dirette in Africa ed Europa (guadagnando una settimana di navigazione) e non dovrebbero più attraversare lo stretto di Malacca controllato da altri. Guardare il mappamondo per credere. Ha lo stessa importanza dell’Afghanistan per la Russia (sia ai tempi di Breznev che dello Zar: l’accesso ai mari caldi). Mica robetta!
(Silvio Pasero)