“Ho scattato una foto alle nuvole nell’esatto istante in cui secondo le ricostruzioni Luca ha iniziato la sua nuova vita” dice in una intervista pubblicata dal Resto del Carlino Cristina Giordana, madre di Luca, morto lo scorso 8 luglio precipitando dal Cervino. La sua nuova vita, come dice la signora, è quella che per tutti gli altri è morte. Luca aveva 22 anni, appassionato di alpinismo e di corsa, aveva concluso la gara a cui stava partecipando ma aveva voluto continuare a correre, libero sulla montagna, per raggiungere quota 3800 metri. Aveva detto che gli sarebbe servito come allenamento per il suo prossimo obbiettivo, scalare gli 8mila metri del Dhaualagiri in Nepal. Invece è caduto giù, nessuno sa cosa sia successo, un piede in fallo forse, abbagliato da tutta la bellezza che aveva attorno. Per Cristina il figlio non è scomparso, tanto che pochi giorni dopo la morte è andata a discutere la tesi che il figlio doveva presentare, al suo posto. E’ per questo che, spinta dal bisogno di annunciare la data del funerale che non si riusciva a fissare per via degli esami del medico legale, è entrata per la prima volta nel profilo Facebook del figlio. Da quel momento non l’ha più abbandonato, postando quasi ogni giorno qualcosa. Ma ha fatto un errore imperdonabile per la burocrazia di Facebook che invece lascia tranquillamente aperti i profili di membri dell’Isis o di pedofili: ha postato usando il suo nome, come se Luca fosse lei.
Qualche giorno fa ha trovato il profilo bloccato. Non capiva perché, poi le è arrivata la mail di un certo Matteo (senza cognome) che diceva che aveva infranto le regole del social network. Da tempo infatti esiste la regola “dell’eredità”: ogni possessore di un profilo può segnalare a che persona lasciare il suo profilo perché continui a gestirlo. Ma Luca non lo aveva fatto e ci si domanda chi mette in pratica questa lugubre pratica: “Novità assoluta per me” ha detto la signora “Mi sembra paradossale che per lasciare una pagina in eredità sia necessario fare testamento. E che a fare testamento sia un ragazzino di 16 anni”.
Non solo: di sua iniziativa “Matteo” ha trasformato la pagina di Luca in pagina commemorativa, con tanto di fiorellino blu a lutto. Chi vuole può postare i suoi messaggi di saluto o di ricordo ma Cristina non può più scrivere nulla. Certo, l’idea che un morto continuasse a scrivere col suo nome e cognome non era molto di buon gusto (come quando poco prima di Natale scrisse: “Devo inventarmi qualcosa per rendere meno malinconici e tristi i miei genitori e mia sorella Giulia”), ma per lei era un modo di tenere vivo il figlio: “Il mio rapporto con Facebook è sempre stato spensierato, al contrario della vita negli ultimi tempi. Volevo comunicare forza e ottimismo ai suoi amici”. Ha chiesto al social network di riaprire la pagina del figlio, ma non ha avuto risposta. Nel frattempo ha anche ricevuto messaggi che le dicono che è pazza, che ha un interesse morboso a voler riaprire quella pagina: “Il mio non era il delirio della madre inconsolabile che non sono” risponde. Pensa alla foto del figlio in cima al monte Dhaualagiri che un amico ha portato lassù: “E’ come se Luca ci fosse arrivato davvero” dice. Di lui, conclude, conserva solo un paio di foto scattate da lei che non ha coraggio di guardare, e la canottiera che portava il giorno che è morto, mai lavata, ancora con il suo sudore: “Una volta sola l’ho sognato, era tutta luce”.