Sono dunque arrivate le condanne per il crollo del palco di Laura Pausini: c’è però anche la caduta di tutte le accuse per il coordinatore della progettazione del palco per il tour di Laura, nominato dalla società Esse Emme Musica, Gianfranco Perri, e per il proprietario della stessa società Esse Emme Musica Maurizio Senese, che aveva la responsabilità dell’organizzazione del concerto. Dunque le responsabilità per la morte di Matteo Armellini sono state considerate dal giudice come individuali, per chi ha lavorato all’allestimento del campo, e non da parte di chi ha commissionato il tutto. (agg. di Fabio Belli)
Cinque condanne
Si conclude con cinque condanne ed un’assoluzione la sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nel processo per la morte di Matteo Armellini. Cinque, secondo il giudice, le persone colpevoli della morte dell’operaio romano di 31 anni che morì, il 5 marzo del 2012, a Reggio Calabria causa del crollo del palco allestito al Palacalafiore sul quale si sarebbe dovuta esibire Laura Pausini. Come riporta l’Ansa, gli imputati condannati e accusati di omicidio colposo e disastro colposo, sono: Franco Faggiotto (condannato a 3 anni e 6 mesi), Sandro Scalise (3 anni), Ferdinando Salsano (un anno e 8 mesi) e Pasquale Aumenta e Marcello Cammera (un anno e sei mesi ciascuno). Quest’ultimo è l’ex direttore dell’Ufficio tecnico del Comune di Reggio Calabria, mentre i primi quattro citati sono tecnici coinvolti in varie mansioni nell’organizzazione del concerto. È stato invece assolto Maurizio Senese, promoter locale del concerto, invece per Gianfranco Perri, altro imputato, è stato dichiarato il non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione.
Le parole della madre di Matteo Armellini
Di fronte a questa sentenza, la madre di Matteo Armellini si è detta soddisfatta «Sono commossa – ha commentato Paola Armellini, come riporta il Mattino – Queste battaglie vanno fatte per restituire la dignità a tutti i lavoratori e io mi batto per questo. Posso dire che é stata fatta giustizia. Ero molto sfiduciata. Il percorso di questo processo è stato veramente duro. Sono stati sei anni pesanti, che mi hanno segnato. Non conoscevo la giustizia italiana. Fino ad un minuto prima della sentenza pensavo che il peggio dovesse ancora arrivare. Matteo amava il suo lavoro. Sono certa che avrebbe apprezzato questa sentenza. Devo ancora rivedere il tutto, ma ritengo di aver raggiunto questa sera un primo obiettivo».