49 anni, morta di fatica nell’ennesima tragedia del caporalato in Puglia: si chiama Paola Clemente e lavorava nei campi ad Andria. La donna è letteralmente morta di fatica dopo mesi passati nei campi pugliesi a raccogliere pomodori e altro, sotto pesante sfruttamento dei cosiddetti “caporali”. Il racconto fatto oggi al Corriere della Sera dal marito, Stefano Arcuri, è agghiacciante e arriva nel giorno dell’arresto di 6 caporali accusati di sfruttamento e anche della morte delle donna di San Giorgio Jonico. «Lavorava nei campi con una paga di 2 euro all’ora. «Andava via di casa alle 2 di notte. Prendeva l’autobus alle 3. Ai campi, ad Andria, da San Giorgio Jonico, arrivava intorno alle 5.30. Noi a casa la rivedevamo non prima delle 3 del pomeriggio, in alcuni casi anche alle 6. Guadagnava 27 euro al giorno», racconta con le lacrime il marito di Paola. Durante l’operazione e le indagini di questi mesi, decisive sono state anche le testimonianze di alcune braccianti colleghe di Paola; «alcune donne – dice a verbale la testimone – si sono lamentate dei giorni mancanti, G. ha detto che noi lo sapevamo, quindi, non dovevamo lamentarci. Nessuna ha più parlato, anche perché si ha paura di perdere il lavoro, anche io adesso ho paura di perdere il lavoro e di essere chiamata infame. Ho un mutuo da pagare, mio marito lavora da poco, mentre prima stava in Cassa integrazione. Dovete capire che il lavoro qui non c’è e, perderlo, è una tragedia. Quindi, se molte di noi hanno paura di parlare è comprensibile», si legge oggi sul Corriere.
L’operazione della Procura di Trani si chiamava proprio “Paola”: dopo la morte per fatica sopraggiunta di Paola Clemente; questa notte sono stati arrestati gli sfruttatori e i responsabili del sistema si sfruttamento dei braccianti agricoli nella provincia di Trani e Andria. Le prove hanno portato a scoprire come i contratti di assunzione apparentemente regolari da parte dei agenzie interinali, ma che in realtà mascheravano una moderna forma di caporalato. «Nelle buste paga, infatti, figurava un compenso mai realmente erogato ai lavoratori. Per scoprirlo, gli investigatori hanno dovuto abbattere un granitico muro di omertà scoprendo così che i lavoratori annotavano minuziosamente le giornate e le ore di lavoro effettive, molto diverse da quelle riportate nei documenti dell’agenzia», racconta l’inchiesta pubblicata dal Corriere quest’oggi. A parlare anche la procura di Trani che ha svelato nel dettaglio come avveniva la truffa e lo sfruttamento delle braccianti come Paola. «Le braccianti sfruttate nei campi percepivano ogni giorno 30 euro per essere al servizio dei caporali per 12 ore: dalle 3.30 del mattino, quando si ritrovavano per essere portate nei campi a bordo dei pullman, alle 15.30, quando ritornavano a casa dopo essere state al lavoro tra Taranto, Brindisi e Andria. Il loro compenso, in base ai contratti di lavori, avrebbe dovuto essere di 86 euro, circa tre volte di più. Ovviamente nelle buste paga non solo non venivano calcolate tutte le giornate di lavoro effettive, ma neppure gli straordinari», racconta il procuratore di Trani.