Salvatore Parolisi vuole un nuovo appello, domani la Cassazione potrebbe decidere anche in serata. Il caporalmaggiore dell’esercito è stato condannato a 30 anni di reclusione per aver ucciso la moglie, Carmela Melania Rea, il 18 aprile 2011 con 35 coltellate. Era stato condannato all’ergastolo in primo grado il 26 ottobre 2012 e poi a trent’anni in secondo grado. Adesso nel ricorso presentato dai suoi legali Walter Biscotti, Nicodemo Gentile e Titta Madia si chiede di annullare la sentenza di condanna di secondo grado, ovvero la condanna a trent’anni di reclusione. «Noi siamo sempre più convinti che la Cassazione saprà correttamente fare giustizia di tutti i vizi della motivazione» , ha detto Biscotti, che ha anche parlato dei vizi della motivazione: «in ordine al problema della prova scientifica, dove secondo noi la Corte d’Assise d’Appello non ha seguito i rigori argomentativi che impone la Cassazione, e poi anche sul problema della valutazione del materiale probatorio e della contraddittorietà della motivazione su molti aspetti, come l’ assenza di tracce di Parolisi sul luogo delitto, e in ordine alle testimonianze, soprattutto quella di Ravelli. Infine – conclude il legale – non ci convincono le argomentazioni relative al fatto che possa aver fatto commesso il reato di vilipendio». La famiglia della vittima chiede la conferma della condanna, sperando che venga scongiurata la concessione delle attenuanti generiche, che gli varrebbero uno sconto della pena. Proprio in vista dell’udienza di domani hanno presentato una memoria che riprende il fatto del Dna di Salvatore Parolisi trovato sulle labbra e sugli incisivi di Melania. «È vero – scrive l’avvocato Gionni nella memoria -, e la Corte non lo nega, che non ci sono certezze scientifiche sulla permanenza ( del Dna, ndr). Ma anche i CTU 360 hanno evidenziato di non aver mai rinvenuto tali elementi nelle loro autopsie precedenti, segno evidente del fatto che atti di vita quotidiana (mangiare, bere, deglutire, muovere la lingua) eliminano queste cellule. Dunque, visto che c’erano, il contatto (saliva o cute) dovrebbe essere avvenuto poco prima della morte, altrimenti, con i movimenti in vita le avrebbe eliminate». (Serena Marotta)