Dopo l’accusa lanciata questa mattina dalla Procura di Roma ai carabinieri che avrebbero pestato Stefano Cucchi fino ad indurre la morte del giovane ragazzo incarcerato con accuse di spaccio, arriva la replica dell’avvocato dei tre carabinieri coinvolti direttamente e accusati di omicidio preterintenzionale. «Le lesioni, dice il pm, erano guaribili in ‘almeno 180 giorni’ quindi non possono aver comportato la morte in maniera diretta. Si è giunti purtroppo all’evento morte in considerazione di inadempimenti sanitari che non sono in alcun modo collegabili alle lesioni che si ritiene siano state inferte al povero Stefano Cucchi». Lo ha detto l’avvocato Antonella De Benedictis, legale di uno dei tre carabinieri indagati per omicidio preterintenzionale e abuso d’ufficio in merito alla morte di Cucchi. Non solo, come riporta Anskanews, un altro avvocato che assiste un carabiniere coinvolto nel caso, «La Procura ha esercitato una sua prerogativa e ha formulato il capo di imputazione che ritiene sussistente. Noi riteniamo, di contro, che tale contestazione non potrà essere provata nel giudizio in quanto gli elementi di fatto su cui fonda non sono riscontrabili in atti e, tanto meno, nella perizia disposta dal Gip con incidente probatorio».
Dopo anni di battaglia una prima “vittoria” per Ilaria Chucchi, la sorella di Stefano il ragazzo massacrato di botte in carcere e morto in ospedale nel lontano ottobre 2009: oggi la chiusura dell’inchiesta bis della procura di Roma che ha portato all’accusa dei tre carabinieri per omicidio preterintenzionale oltre a quella di falso e calunnia per altri agenti che avrebbero coperto i colleghi dichiarando il falso. Le parole di Ilaria Cucchi, da sempre in prima linea per scoprire la verità sulla morte di suo fratello sono felici ma comunque composte: «Non lo so come sarà la strada che ci aspetta d’ora in avanti, sicuramente si parlerà finalmente della verità, ovvero di omicidio. Ricordate la foto del mio pianto il giorno della lettura della sentenza di primo grado? – ha aggiunto- Ci gettiamo alle spalle sette anni durissimi, di dolore, di sacrifici, di tante lacrime amare. Ma valeva la pena continuare a crederci». In una intervista esclusiva a TgCom 24, la sorella si Stefano aggiunge come «oggi penso a mio fratello, con gli occhio pieni di lacrime, penso a quanto glielo dovevo. Oggi viene ristabilita la verità su quanto accadde. Mi sento di dire a tutti che non bisogna mai smettere di crederci, bisogna avere fiducia nella giustizia e andare avanti fino in fondo».
Svolta sul caso di Stefano Cucchi: fu omicidio e non morte naturale per epilessia, questa la vera causa della morte del giovane, otto anno quel terribile 22 ottobre 2009 con la morte in un letto del reparto di medicina protetta del Pertini di Roma. La svolta arriva dalla conclusione dell’inchiesta bis – iniziata nel 2014 su esplicita richiesta dei familiari di Stefano Cucchi, in primis dalla sorella Ilaria – con il pm della Procura di Roma che ha disposto l’accusa di omicidio preterintenzionale per i tre carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, che lo arrestarono nel parco delle acquedotto di Roma con l’accusa di spaccio di droga. «Fu colpito dai tre carabinieri che lo avevano arrestato con schiaffi, pugni e calci», scrivono Pignatone e Musarò. «E le botte provocarono una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale che unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte», si legge nella lungo documento firmato dalla procura di Roma. Niente epilessia o cause ignote, niente fame o sete e neanche suicidio, ma omicidio: questo hanno stabilito le seconde indagini della Procura di Roma, riprotate oggi da Repubblica. Ora la memoria e la giustizia di Stefano Cucchi potranno avere miglior sorte del passat.
I tre carabinieri ora accusati di omicidio per il delitto di Stefano Cucchi, sono gli stessi che erano stati a lungo indagati per lesioni personali aggravate: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco ora sono accusati di omicidio preterintenzionale e si andrà a processo per stabilire cosa realmente è successo quel drammatico ottobre del 2009. Un cambio di imputazione che aggrava a questo punto la posizione dei tre carabinieri accusati di aver pestato a morte il ragazzo in carcere e che fuga anche il rischio eventuale della prescrizione, facendo riscrivere completamente la storia di questo inquietante delitto. Come riporta Repubblica, la morte di Cucchi fino ad oggi era senza responsabili dopo tre giudizi di merito – uno di primo grado e due di appello, oltre ad una pronuncia della Cassazione. Finora solo assoluzioni definitive quelle degli agenti penitenziari in servizio nelle celle di sicurezza del Tribunale di Roma e confermate nei due giudizi di appello quelle dei sanitari del Pertini: ora cambia tutto, con le solide acquisizioni di questa seconda inchiesta della Procura di Roma i cui presupposti per la celebrazione di un nuovo processo e per riscrivere da capo la storia del pestaggio e della morte di Stefano sono assai fondati.