Si scatenano le reazioni politiche dopo il caso del Tar di Bologna: in primis Matteo Salvini che si schiera comprensibilmente dalla parte del giudice bolognese, scrivendo su Facebook un laconico «io sto con questo giudice!» e postando la notizia della praticante avvocatessa cacciata dall’aula del Tar. Forza Italia invece, tramite le parole del consigliere regionale Galeazzo Bignami, spiega anche nel dettaglio il perché non ha senso parlare di “cacciata” da parte di un giudice che ha solo applicato la legge vigente. «Chi critica il giudice non conosce l’articolo 129 del codice di procedura civile che per l’appunto prevede che ‘Chi interviene o assiste all’udienza deve stare a capo scoperto’. Il giudice, quindi, ha semplicemente applicato la legge», si legge nel comunicato esposto dal partito di Berlusconi in Emilia Romagna. A fianco dell’avvocatessa invece si schiera l’Associazione italiana giovani avvocati (Aiga), con il presidente della sezione bolognese Paolo Rossi: «Una posizione inconcepibile e in contrasto con i principi costituzionali. Alla giovane collega Asmae Belfakir vanno la nostra solidarietà ed il pieno sostegno».
IN CAMERA DI CONSIGLIO CARTELLO CHE VIETA IL VELO
Il velo è proibito nelle aule del Tar di Bologna: lo ha deciso il presidente del tribunale amministrativo, allontanando da un’udienza Asmae Belfakir, praticante avvocato 25enne dell’ufficio legale dell’Università di Modena e Reggio Emilia. La giovane musulmana si era presentata in aula per assistere con la collega al procedimento riguardante un ricorso e una contestuale istanza di sospensione cautelare in materia di appalti. Il giudice le ha chiesto di togliere il velo, altrimenti avrebbe dovuto lasciare l’aula, lei si è rifiutata di farlo ed è uscita. Non sono chiare le motivazioni del giudice, ma sulla porta della camera di consiglio nella sede di Bologna del Tar, come riportato da SkyTg24, c’è un cartello che cita l’articolo 129 del codice di procedura civile che, tra le altre cose, richiama per chi interviene o assiste all’udienza al dovere di stare «a capo scoperto». In particolare, è scritto che «Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio». (agg. di Silvana Palazzo)
BOLOGNA, AVVOCATO CON VELO ISLAMICO CACCIATA DAL TRIBUNALE
Il tribunale di Bologna questa mattina “scivola” su una polemica che nel giro di qualche ora raggiunge tutte le cronache nazionali: una praticante avvocato con velo islamico è stata cacciata dall’Aula mentre stava partecipando con la collega professionista ad un procedimento di appalti. Il motivo? Esatto, proprio per il velo: il giace Giancarlo Mozzarelli ha intimato la giovane praticante, Asmae Belfakir 25anni, di togliersi il velo altrimenti avrebbe dovuto lasciare l’aula. Al rifiuto della donna è stata lei stessa a decidere di uscire dall’aula del Tar Emilia Romagna, completamente indignata dall’accaduto. Lavora presso lo studio legale dell’Università di Modena e Reggio Emilia e già altre volte aveva partecipato ad udienze presso il Tar senza che nessuno le avesse mai detto nulla, anche perché il velo che porta non si tratta di quello totale, il volto è completamente visibile. Ebbene, questa volta non ha potuto continuare e la sua indignazione è stata raccolto qui sotto dall’agenzia Agi.
“HA PARLATO DI CULTURA, NEANCHE DI LEGGE…”
«Non mi era mai successo prima ho assistito a decine di udienze, anche qui al Tar e nessuno mi aveva mai chiesto di togliere il velo. Nemmeno al Consiglio di Stato», spiega all’Agi la Belfakir. Questa mattina si era recata normalmente in tribunale a Bologna per un procedimento riguardante un ricorso e una contestuale istanza di sospensione cautelare in materia appalti, ma l’accesso “negato” dal giudice ha di fatto sconvolto l’intero iter processuale per diversi minuti. «Non si può assolutamente parlare di problema di sicurezza perché il velo tiene il volto scoperto e quindi sono perfettamente identificabile. Sono sconvolta», continua la praticante avvocato che rivela come, all’uscita dall’aula, il giudice Mozzarelli ha spiegato «si tratta di un rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni». Ma la Belfakir non ci sta: «ha parlato di cultura, nemmeno di legge!».