Pubblichiamo la risposta che Federico Pichetto ha inviato a Giuliano Ferrara, dopo che questi ha fatto l’editoriale di ieri sul Foglio (“Non importa la firma, ma l’ignavia. A un prete che considera ‘attivistica’ la difesa della libertà”) criticando l’articolo di Pichetto uscito su queste pagine.
Gentilissimo direttore,
dopo la risposta che lei ha offerto alla lettera con cui mi sono dissociato dall’appello che, attraverso il Foglio, è stato indirizzato al Papa che cosa dovrei fare? Difendermi? Andare ad infoltire il perverso meccanismo mediatico che crea tifoserie, divisioni e code velenose dentro la società e dentro la Chiesa? No, caro Ferrara. Io non posso fare questo. Non lo posso fare perché non sono un ignavo e la Chiesa mi interessa. Mi interessa più di tutto il resto, mi interessa perfino più della mia vita e della mia presunta verità, al punto che se dovessi scegliere non avrei nessun dubbio: sceglierei la Chiesa. Fino al martirio.
Eppure non mi interessa soltanto questo, ma anche l’unità della mia famiglia e della storia da cui provengo. Per questo non fonderò mai un partito, un movimento intellettuale, un comitato o una fondazione, ma continuerò – molto semplicemente – ad amare la Chiesa e coloro che la guidano, chiunque essi siano. Continuerò, insomma, a fidarmi del Papa, a non spiegargli che cosa deve fare per “fare bene il proprio mestiere”, continuerò ad obbedire e a pensare e – qualora mi trovassi in disaccordo con le parole del Pontefice – a manifestare il mio pensiero privatamente, senza aizzare fronde o coagulare dissenso.
Io non le dirò, caro direttore, che ha sbagliato o che io ho capito più cose di lei né che il suo cristianesimo è minoritario rispetto al mio: io le offrirò semplicemente la mia serena obiezione di metodo ad un appello che trovo ancora oggi strumentale e portatore di nostalgie e retropensieri. La Chiesa, infatti, non va avanti perché qualcuno la difende, ma perché Qualcuno la guida. E io ho questo maledetto vizio di fidarmi del Timoniere. Certo che il mio unico compito sia quello che il cristianesimo prenda forma sociale, culturale ed esistenziale in quel brandello di storia che mi trovo a vivere, qui tra le mie pigre ed ignave montagne. Tutto questo, però, può accadere solo al mio sì pronunciato con coraggio giorno per giorno a Colui che non si stanca mai, col Suo amore, di custodire la Sua Chiesa.
Per il resto, faccia una buona battaglia e stia attento che non accada mai che, a forza di essere indignati con tutti e in guerra col mondo intero, il suo nemico non prenda dimora nel suo specchio. Perché il male, mi creda, non è all’Onu, ma è dentro di noi.
Le auguro buoni giorni, nell’attesa di abbracciarla di persona e di guardare insieme con fiducia a questo meraviglioso tempo che Dio ci ha dato da vivere,
don Federico Pichetto