Un figlio conteso da due genitori che è già diventato un caso internazionale. Tutto è nato con la fuga dalla Francia di una mamma italiana di 28 anni, originaria di Ossi (Sassari), che dopo aver denunciato le violenze psicologiche dell’ex compagno aveva deciso di tornare nel nostro Paese, alla ricerca di quella protezione che Oltralpe non era riuscita a trovare. Adesso, però, a darle torto è stato anche l’ordinamento italiano, interpellato proprio dal papà francese del piccolo di tre anni, infermiere come lei, che ha presentato ricorso al Tribunale dei Minori di Sassari dopo che la donna si era rifugiata con il bambino in Sardegna. I giudici di Sassari hanno infatti stabilito che il bambino deve tornare a Nimes, in Francia, in quanto suo “luogo di sua residenza abituale” e che il decreto “è immediatamente esecutivo”. Ciò significa che il bambino dovrà ritornare in Francia da subito, senza aspettare le risposte di altri due tribunali. Uno, quello francese degli Affari familiari, che il prossimo 25 giugno dovrà dire se il bambino dovrà tornare nel Paese transalpino definitivamente; l’altro, italiano, che il 5 luglio si esprimerà rispetto alla richiesta della procura dei minori di Sassari per la revoca o la sospensione della potestà genitoriale del padre, accusato di violenze psicologiche dalla mamma italiana.
FIGLIO CONTESO, LA MAMMA ITALIANA:”SU DI ME VIOLENZE PSICOLOGICHE”
Soltanto pochi giorni fa, prima della sentenza del Tribunale dei minori di Sassari che le ha dato torto, la mamma italiana del figlio conteso, a La Nuova Sardegna raccontava:”Quell’uomo mi ha trattata come una incubatrice e adesso vorrebbe annientare i miei diritti di madre. Non glielo consentirò“. Il papà del bambino, che adesso dovrà tornare a Nimes, a detta della 28enne sassarese ha mosso su di lei violenze di tipo esclusivamente psicologico:”Ma c’è un motivo. Un giorno lui mi disse: non sono così stupido da colpirti, ti distruggerò in un altro modo”. Un vero e proprio incubo, quello raccontato dalla mamma italiana:”Mettetevi nei miei panni. In Francia non avevo un lavoro fisso, non avevo amici né i miei familiari vicini, il padre di mio figlio dopo avermi isolata mi perseguitava e continuava a minacciarmi che mi avrebbe distrutto la vita. Quando gli ho annunciato che non lo amavo più e che sarei ritornata in Italia, ha cominciato a dire a tutti che ero pazza, che ero una poco di buono, mi ha accusata anche di essere una ladra. Ho fatto due traslochi per sfuggire al suo controllo e me lo trovavo ogni momento sotto casa con uno sguardo cattivo. Ho chiesto aiuto alla polizia francese e non mi ha aiutata, non hanno neppure preso in considerazione le mie segnalazioni. Ho chiesto al tribunale di poter ritornare in Italia con mio figlio e, dopo cinque mesi, i giudici francesi me lo hanno negato. Mi sono chiesta “cosa ci faccio ancora qui? Io muoio”. Me ne sono andata. Lo rifarei“.