La proposta del sussidiario di commentare la notizia di Stephanie Culley (Alton, Virginia, Usa), la madre di tre figli che si prende in casa i sei dell’amica Beth Laitkep, morta di tumore, mi arriva mentre sono in compagina di un gruppo di miei studenti. Inevitabile parte la riflessione. Posso offrirne il risultato?
“Irreale, quasi fantascientifico pensare che nel mondo di oggi esista ancora la generosità, di chi ha tanto a cuore una persona da prendersi cura, oltre che di questa, dei sei figli ch’ella ha. Un vero miracolo! Si pensi solo al fatto che oggi di figli non se ne vogliono più avere, perché sono un problema, qualcosa che svia, che porta fuori dalla vita egoista che ognuno vuol tenersi stretta. C’è del positivo in questa storia, e c’è solo da imparare a essere umani per davvero. La riflessione penso possa partire dall’amicizia, dal legame che si può instaurare tra due persone, per cui quello che è mio è tuo, e quello che è tuo è mio, anche ciò che esula dal materiale, anche ciò che esce dal corpo di una donna. Dall’amicizia è obbligatorio passare alla cristianità dell’evento, in quanto sembra essere la proiezione nella realtà di ‘ama il prossimo tuo come te stesso’. Questa donna si prende cura di due famiglie e le unisce in una sola, creando quella magia che ci lascia un po’ senza parole. Se partiamo dalla genesi, dall’etimologia della parola famiglia, ovvero ‘insieme dei famuli, servi’, arriviamo a capire che famiglia si crea in un clima di complicità, e comprendiamo che c’è famiglia dove si cresce insieme, dove si vive insieme, non nel culmine del pathos che ci genera. Quello è il primo mattone, ma ci vuol ben altro. Questo percorso nasce per arrivare al miracolo. Il miracolo che non avviene perché Beth sale al cielo, ma perché lascia tutto l’amore di mamma che ha a Stephanie come unica piccola grande eredità; miracolo che si tocca nel fatto che tre figli diventano nove, che una casa si allarga con l’amore che aumenta in maniera esponenziale. Miracolo che resta nell’aria, con mamma Beth che guarda dall’alto, consapevole che la vita della famiglia non finisce con la sua, ma continua nei cuori di tutti, in un gesto che sa quasi d’impossibile, ma che si rende credibile in un niente, che diventa tutto per un legame invisibile, ma allo stesso tempo indissolubile. Ed è così, che si troveranno in undici, a guardare un tramonto in riva al mare, e riflessa nell’acqua ci sarà una mamma che sa di aver lasciato i figli in buone mani”.