Uno dei miti più terrificanti di tutta la letteratura greca, l’Edipo Re di Sofocle, narra di un principe che inconsapevolmente uccise suo padre, sposò sua madre, la bellissima regina Giocasta, ed ebbe da lei una numerosa discendenza; ma la verità sulla identità genetica di Edipo distrusse l’apparente gioia della coppia: la regina Giocasta si tolse la vita mentre Edipo si accecò.
Certo evocare questa tragedia dovendo scrivere di Procreazione Medicalmente Assistita di tipo eterologo è senza dubbio eccessivo, me ne rendo conto, ma è una scelta provocatoria. Forse la saggezza degli antichi può offrirci un piccolo spunto per comprendere da un lato l’importanza della consapevolezza delle proprie origini genetiche e dall’altro lato l’estrema delicatezza non solo giuridica ma anche e soprattutto umana che il puzzle genetico prodotto dalla procreazione eterologa e la presenza di numerosi soggetti coinvolti può provocare.
Leggendo il testo dell’audizione del Ministro della Salute del 29 luglio u.s. si ha l’impressione che ci sia una consapevolezza, sia pur non sempre piena, della estrema problematicità e criticità dell’inserimento nel nostro ordinamento della procreazione eterologa. Una consapevolezza che sembrava invece mancare nella sentenza della Corte Costituzionale 162/2014 che con un tratto di penna (e considerando quasi unicamente i diritti della coppia) ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge 40/2004. È dunque necessario attrezzarsi perché, caduto il divieto, non si consumino tragedie moderne. L’attuale Governo accoglie la sfida e intende varare, prima della pausa estiva, un Decreto Legge i cui contenuti di massima sono stati delineati dal Ministro Lorenzin proprio nell’audizione del 29 luglio e che sono frutto anche del lavoro di un Gruppo di Lavoro di esperti guidato dal Consigliere Chiné. Nulla di definitivo, dunque, ma qualche prima osservazione può e deve essere fatta.
L’intento, positivo, è quello di utilizzare una fonte primaria per regolare in maniera uniforme su tutto il territorio la selezione dei donatori di gameti perché, come correttamente rileva il Ministro, la fecondazione eterologa non è una semplice variante di quella omologa, regolata dalla legge 40/2004, ma implica azioni ulteriori che riguardano innanzitutto la selezione dei donatori di cellule riproduttive al fine di tutelare la salute delle coppie riceventi e dei nascituri, attività queste che devono essere autorizzate dalle Regioni e dalle Province Autonome.
Non tutti i centri, dunque, saranno automaticamente autorizzati alla selezione dei donatori. Il Decreto affronterà in tale ottica il tema del limite alle donazioni, tema indispensabile per scongiurare il più possibile future ipotesi di unioni involontarie tra consanguinei. Altro punto fondamentale del Decreto riguarderà la tracciabilità della “filiera” donatore-nato e la costituzione di un registro dei donatori centralizzato per evitare, tra le altre cose, che il limite posto venga aggirato. Verrà poi individuata l’età dei potenziali donatori (20/35 anni per le donne e 18/40 anni per gli uomini) e gli screening di tipo infettivo e genetico cui i potenziali donatori dovranno essere sottoposti. Verrà espressamente sancito il principio della non commerciabilità dei gameti. Contenuti tutti in larga parte condivisibili.
Non mancano tuttavia profili criticabili. Se ne rilevano qui, in maniera certo non esaustiva, due: in primo luogo sembra mancare il coraggio di prendere una posizione sul tema del diritto a riconoscere le proprie origini genetiche la cui discussione sarà interamente lasciata al Parlamento. Dal momento però che i decreti legge necessitano comunque di una conversione in legge, nel termine di sessanta giorni, da parte del Parlamento che può anche apportare modifiche al testo del Decreto in sede di conversione, non si comprende tale non-scelta che potenzialmente potrebbe lasciare la questione irrisolta e demandata ad una futura quanto improbabile legge. In secondo luogo, il Decreto Legge ammetterà la possibilità di addivenire ad una doppia eterologa. Sul punto il Ministro non si dilunga rilevando semplicemente che si tratta di una posizione ampiamente condivisa all’interno del Gruppo di Lavoro e peraltro non esclusa dalla sentenza 162/2014 della Corte Costituzionale. Certo il puzzle genetico del nascituro verrebbe ulteriormente complicato, ma questo non viene in rilievo, e ci si può chiedere se ciò non finisca per aprire la via anche alla legalizzazione della maternità surrogata. Se ogni mezzo per aggirare l’infertilità della coppia è lecito e se il dato genetico divienetotalmente irrilevante perché non dovrebbe esserlo anche l’ipotesi di surrogazione? Forse si sarebbero potute ipotizzare più coraggiosamente altre strade per soddisfare il desiderio di genitorialità di coppie i cui membri sono entrambi affetti da sterilità, come per esempio la via della adozione di embrioni crioconservati e in stato di abbandono. Perché creare embrioni ad hoc che non contengono alcuna traccia genetica della coppia? Forse la risposta a questo quesito, e qui bisognerebbe vedere se il decreto conterrà un divieto in tal senso dal momento che in sede di audizione il punto non è stato toccato, sarebbe data da una possibilità di scelta da “catalogo” dei donatori da parte degli aspiranti genitori, perché il figlio abbia le caratteristiche fisiche e “culturali” il più possibile simili alle loro. E questa ipotesi non appartiene alla fantascienza, la filmografia americana offre numerosi spaccati di questa realtà, ma qui siamo in Europa e, per fortuna, aleggia ancora lo spettro della selezione genetica.