Vauro, scrittore e vignettista, due giorni fa ha vivacemente apostrofato la platea di giovani della trasmissione “Announo” esclamando: “Incazzatevi!,” “Non chiedete il permesso!” “Ribellatevi!”. Ho difficoltà a commentare. Aborro, come direbbe il grande Mughini, il moralismo, i parrucconi, i benpensanti. Temo gli incendiari, ma anche i pompieri. Così, mentre mi accingevo pigramente ad entrare nel merito, ho trovato una chiave più interessante: il punto esclamativo!
Bisognerebbe fare un catalogo delle esortazioni. Immediatamente mi ricordo François Guizot, con il suo “Arricchitevi!”. Siamo nella Francia di metà ottocento ed un convinto liberale e liberista come lui esorta a produrre, spendere, guadagnare. Molto attuale. Resto in Francia, arretro di pochi decenni e ritrovo Voltaire esclamare, nel 1762: “Écrasez l’infâme!”. Come è noto quello che vuole schiacciare è il fanatismo e più precisamente il cattolicesimo. Anche questo attuale… Dalla religione alla morale: passo per Pindaro che, come solo gli antichi sanno fare, ci fulmina con un mirabile: “Diventa ciò che sei!”. Mi piace meno il “Festina lente!”, non fosse altro perché sembra fosse il motto di un Imperatore, e allora volo direttamente al guru dei nostri giorni: “Stay hungry, stay foolish” (Steve Jobs).
Qui, a esser pignoli, il punto esclamativo non c’è, ma conoscete forse una esortazione esclamativa più fortunata di questa? Affamati e folli! Vabbè. In campo morale un riflesso condizionato mi porta al buono. Ed ecco allora san Filippo Neri, toscano di origini, ma romano di vita (grande sintesi) a cui si attribuisce il “State buoni, se potete!”. Qui però mi fermo. C’è qualcosa di diverso. Ed è la virgola. Quel “se potete” dopo la virgola, cambia tutto il senso della esortazione. Il senso è un “se possiamo” cioè un “insieme”. Luigi Magni lo ha descritto molto bene nel suo film del 1983. Il segreto dell’opera di Filippo Neri è nella condivisione e questo è anche il segreto della sua esortazione. Esortazioni ne fa sovente anche la Chiesa cattolica, anzi, sono tra i suoi documenti più importanti e sono dello stesso genere.
Mi sto avvicinando al punto (un punto fermo non esclamativo). Ma per non sembrare beghino cito ancora Reagan che nel 1987 davanti alla porta di Brandeburgo, rivolgendosi a Gorbacev, esclama: “Tear down this wall!”. Ora, la storia ha dimostrato che ciò che intendeva non era “abbatti” ma “abbattiamo quel muro!” E quando due anni dopo il muro è crollato davvero a fianco dei tedeschi c’erano l’America e Giovanni Paolo II. Lo stesso Papa che aveva gridato: “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”. Lo poteva gridare perché lui per primo lo aveva fatto, perché non era davvero solo un’esortazione doveristica.
Eccoci dunque al “Ribellatevi!” di Vauro Senesi. Al netto dei teppisti che lo interpretano come scusa per sfasciare le vetrine, mi può anche andare bene, purché ci venga anche tu. Purché non sia “Armiamoci e partite!” (film con Franco e Ciccio del 1971). C’è un bel criterio metodologico per capire se uno ti sta dicendo una cosa vera o strumentale: se si coinvolge con te.
Ho letto che il punto esclamativo nel passato si chiamava ammirativo e che la sua origine grafica si deve agli amanuensi medievali, che, quando trovavano una frase particolarmente bella, la concludevano con il segno “ìo”, che stava per “evviva”, “gioia”. In seguito la “o” sarebbe divenuta piccola come un punto e sarebbe poi scivolata sotto la “I”. Non so se è vero, ma è bello. Nessun triste imperativo morale. Una esclamazione di contentezza. Qualcosa di bello da condividere.