Gloria Trevisan e Marco Gottardi, i due giovani fidanzati morti nell’incendio della Grenfell Tower di Londra, potevano salvarsi. Lo sostiene Barbara Lane, ingegnere antincendio che è stata interpellata dalla commissione indipendente istituita dal governo britannico nel processo sulla strage di 71 persone. L’immane sciagura del 14 giugno 2017 fu la conseguenza di un micidiale intreccio tra «violazioni in materia di sicurezza» e «fallimento dell’ordine di stare fermi». Sono finiti sotto accusa nell’udienza di ieri i vigili del fuoco che nella prima mezz’ora dell’incendio dissero agli inquilini di restare all’interno dei loro appartamenti perdendo così tempo prezioso. L’ordine di evacuazione fu dato solo quando le scale erano già invase dal fumo e da molti piani era ormai impossibile scappare. Fu sopravvalutata la tenuta delle porte ignifughe: non erano resistenti al fuoco, inoltre il sistema di allarme per il fumo era rotto, così come diversi ascensori. Le tubature non consentirono di usare l’acqua corrente per spegnere il rogo costringendo i pompieri a usare solo quella delle autobotti. La macchina dei soccorsi fu tutt’altro che impeccabile.
GLORIA TREVISAN E MARCO GOTTARDI POTEVANO SALVARSI
Sotto accusa i costruttori della Grenfell Tower, il comune di Kensington, che lo gestiva mettendolo a disposizione dei meno abbienti a prezzi ribassati, e i vigili del fuoco per l’incendio del 2017 che costò la vita a 71 persone, tra cui la coppia di fidanzati italiani Gloria Trevisan e Marco Gottardi. Come riportato dal Giornale, a fare chiarezza è il rapporto redatto da Bre Group, un gruppo di ricercatori e ingegneri a cui la Met Police di Londra aveva chiesto una consulenza tecnica nell’ambito delle indagini sul rogo. Ieri durante una delle prime udienza della commissione d’inchiesta creata dalla premier Theresa May sono state mostrate per la prima volta le foto dell’appartamento da cui partì l’incendio. Si vede lo scheletro del frigorifero che, andando in corto circuito, fece scaturire la prima scintilla, ma anche un tostapane, un forno a microonde, la lavatrice, il lavandino e la finestra. Tutto carbonizzato o deformato dalle fiamme. L’inchiesta si è aperta con le testimonianze dei sopravvissuti, che hanno raccontato come sono riusciti ad abbandonare il grattacielo, spesso senza riuscire a salvare i loro familiari. Niente potrà cancellare il loro ricordo: a un anno di distanza stanno ancora facendo i conti con quella tragedia. Secondo l’associazione Silente of Suicide, da allora circa 20 di loro hanno tentato il suicidio.