“In Italia il rischio attentati di matrice fondamentalista islamica dal punto di vista qualitativo è esattamente lo stesso della Francia, nel senso che la situazione è uguale. Anche se il numero di immigrati di seconda e terza generazione da noi è inferiore, e questo finora ci ha favorito nella prevenzione degli attacchi”. A osservarlo è Stefano Dambruoso, questore della Camera, magistrato anti-terrorismo e deputato di Scelta civica. Ieri il governo Italiano dopo gli attentati che hanno scosso Francia, Tunisia e Kuwait ha elevato il livello d’allerta per i luoghi sensibili, diramando la segnalazione anche alle questure e alle prefetture per caldeggiarle a presidiare i punti più sensibili. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervenendo all’Università Bocconi di Milano in un convegno sulla legalità, ha sottolineato che “è un giorno non bello e ho il dovere di ricordare i tre attentati di oggi in Kuwait, Francia e Tunisia con decine e decine di morti, tre luoghi di questo nostro pianeta e un unico filo quello della violenza e del terrore”. Alfano ha quindi espresso “il più grande cordoglio ai popoli e ai paesi colpiti”, aggiungendo che “non c’è nessun Paese a rischio zero, e per questo oggi abbiamo elevato l’allerta”.
Onorevole Dambruoso, qual è la sua valutazione sul rischio terrorismo in Italia?
Da un certo punto di vista siamo esattamente nella situazione di qualunque altro Paese europeo che deve convivere con una presenza di immigrati di seconda e terza generazione, fortemente attratta dall’ispirazione dell’Isis. Diversamente da Francia e Regno Unito, dove il fenomeno terroristico sembra essersi concretizzato più volte nel corso degli ultimi tempi con veri e propri attentati, in Italia ciò non è ancora avvenuto anche perché siamo agevolati da un duplice fattore.
Quali sono questi elementi che rendono più difficile organizzare un attentato in Italia?
Da un lato l’ottima qualità della nostra intelligence, e dall’altro soprattutto una seconda e terza generazione comunque numericamente meno imponente che altrove. Quindi è solo in termini quantitativi che possiamo dire di essere stati beneficiati da una minore presenza di progetti legati ad attività terroristiche. Ma la qualità è purtroppo assolutamente identica a quella della Francia piuttosto del Belgio. Quindi stessa qualità del rischio ma con quantità minore.
Che cosa ne pensa delle contromisure che sta prendendo il governo?
Le contromisure del governo sono quelle oggi immediatamente adottabili. Riguardano in primo luogo un maggiore monitoraggio dei luoghi sensibili e un incremento della circolazione delle informazioni basato intelligence e su rafforzamento delle leggi anti-terrorismo.
A quali leggi nello specifico si riferisce?
Il governo ha approvato di recente il decreto anti-terrorismo, convertito poi in legge dal Parlamento. Nella nuova norma sono state introdotte nuove misure, nuove regole, nuove figure di reato, e soprattutto è stata istituita anche per l’Italia un’autorità centrale per la magistratura investigativa.
Quali sono le caratteristiche di questa autorità?
Questa autorità tecnicamente assume il nome di Procura nazionale anti-terrorismo. Di fatto si tratta di un ufficio centrale attraverso cui si estendono le competenze della Procura nazionale anti-mafia anche all’anti-terrorismo. Ciò aumenterà l’attività dell’autorità investigativa nel rispetto della legge.
Abbiamo visto quanto sono pericolose le cellule tunisine legate all’Isis. Ritiene che siano in grado di arrivare anche in Italia, magari con i barconi degli immigrati?
In astratto sì, anche perché la presenza tunisina in Italia è riscontrata e di lunga data. E’ quindi possibile un collegamento tra la comunità tunisina presente nel nostro Paese e soggetti che prendono parte all’attività terroristica nella Tunisia stessa. Per non parlare del fatto che sono molti anche i tunisini presenti nello scenario libico. Tutto questo è uno degli spazi su cui è importante mantenere alta l’attenzione.
(Pietro Vernizzi)