Al giorno d’oggi, nei Paesi Occidentali non si rischia la vita, professando la propria fede; ma c’è stato un tempo in cui dichiarare di essere seguaci di Cristo poteva costare terribili supplizi e una morta atroce. Si parla dei primissimi secoli i vita della Chiesa, quelli immediatamente successivi alla passione di Cristo ed alla sua Ascesa al Cielo, quando l’Impero di Roma cercò di debellare la nascente nuova religione arrivata dalla Palestina, considerata pericolosa per il potere imperiale. Una delle persecuzioni più feroci che, ad oggi, la storia ricordi, fu quella portata avanti dall’Imperatore Nerone.
Questo imperatore si macchiò, durante gli anni del suo dominio, di molti terribili misfatti: uccise perfino al sua stessa madre, e tutti coloro che lo avversavano politicamente. L’episodio più tragico che si ricordi in quegli anni avvenne il 19 luglio del 64 d.C. Fu quella notte che un terribile incendio cominciò a divampare ta i quartieri di Roma. L’Urbe, all’epoca, era costruita prevalentemente in legno: il fuoco divampò velocemente, e la città continuò ad ardere per ben sei giorni. Alla fine, dei quattordici quartieri nei quali all’epoca Roma era suddivisa, ben dieci erano andati distrutti dalle fiamme. In quei giorni cominciò a diffondersi la voce che ad appiccare l’incendio fosse stato lo stesso Nerone, ipotesi mai confermata dagli storici. Quel che è certo è che l’imperatore, per difendersi da quell’accusa, cercò e trovò un capro espiatorio da offrire alla folla inferocita per placarne l’ira, e furono i cristiani.
I cristiani che vivevano a Roma a quell’epoca erano una comunità pacifica ma malvista dai pagani: Nerone scatenò un vero e proprio odio nei loro confronti, e li mise a morte con una brutalità che ci viene raccontata anche da uno scrittore latino, Tacito. Tacito non aveva in simpatia i cristiani, ma il modo in cui vennero trucidati fece orrore a lui, e a molti altri romani. Le donne e i bambini venivano rivestiti di pelli di animali, e poi lasciati liberi nel parco imperiale, inseguiti da belve feroci che facevano scempio delle loro carni.
Quando scendeva la sera, affinché lo spettacolo fosse visibile, altri cristiani venivano crocifissi a dei pali, cosparsi di pece, e veniva loro dato fuoco, come fossero torce umane. Iniziò in questo modo uno dei periodi più bui della storia del cristianesimo: le persecuzioni di Nerone non si sarebbero fermate lì, ma sarebbero proseguite negli anni a venire, e ne sarebbero rimasti vittime anche i due Santi più venerati della Chiesa, San Paolo e San Pietro. Quei primi martiri, il cui nome è ignoto, ma che brillano come astri luminosi che illuminano il cammino di ogni cristiano, sono ricordati nel calendario liturgico il giorno 30 giugno come i Santi Protomartiri, termine greco che indica come essi siano stati i primi a portare testimonianza della fede immolando la loro vita terrena, al fine di conquistarne una nei Cieli. Il culto dei Santi Protomartiri è stato ufficialmente riconosciuto nel 1922 dal Collegium Cultorum Martyrum per la diocesi di Roma, ma iniziò ad essere professato fin da poco tempo dopo il loro martirio.