Come in un giallo ben orchestrato, anche nel racconto dei fatti che hanno colpito la Santa Sede nelle ultime ore bisogna tenere ben fissa la trama e la sequenza degli eventi. È il 2011. Mentre il Corvo, indisturbato, fornisce alla stampa i documenti della scrivania privata di papa Benedetto nel tentativo di mostrare al mondo intero lo stato di assedio in cui si trova il pontificato del teologo bavarese, viene chiamato a ricoprire il delicatissimo incarico di Segretario della Prefettura Economica della Santa Sede mons. Lucio Angel Vallejo Balda, membro della “Società Sacerdotale della Santa Croce” (leggi Opus Dei). Il prelato, con i suoi modi efficaci e diretti, si fa subito notare e nel 2013 — superato indenne il primo repulisti di Francesco dopo la rinuncia di Benedetto — viene addirittura nominato nella Cosea, la Commissione vaticana referente per lo studio e l’indirizzo delle strutture economico-amministrative della Santa Sede.
L’uomo a quel punto chiama a collaborare con sé una delle signore più controverse che le mura leonine abbiano mai visto al loro interno, Francesca Immacolata Chaouqui, brillante Pr poco più che trentenne che, scalati i vertici di alcune società legali molto qualificate nel Vecchio Continente, si fa subito notare per alcuni nudi d’autore sull’Espresso, per un’intervista in cui si dichiara amica di Gianluigi Nuzzi (il giornalista che pubblicò i documenti del Corvo) e per una serie di tweet che spaziano dalla leucemia di Benedetto XVI all’omosessualità di Giulio Tremonti. I due cominciano a lavorare alacremente pochi giorni dopo la promulgazione della Legge IX della Santa Sede, in cui (all’articolo 10) si predispone una pena dai 4 agli 8 anni di reclusione per tutti coloro che diffondono informazioni o documenti riservati dello Stato della Città del Vaticano.
Frattanto il pontificato di Francesco si scalda: infuria la battaglia sul rapporto tra Chiesa e modernità e sulla “purificazione” interna della Chiesa stessa. Il papa fa pulizia, ma non basta. L’omosessualità dentro i sacri palazzi e nella diocesi di Roma, il fantasma della pedofilia e la resistenza forte di alcune frange della curia romana spinge gli “ultras della purificazione” a muoversi di nuovo, a far capire nuovamente al mondo intero in che condizioni operi il papa, chi siano davvero i suoi nemici.
Ancora una volta, come è stato osservato su queste pagine, c’è qualcuno che vuole spingere a forza la baracca là dove ha già deciso e pensato lui. Qualcuno che si sostituisce al papa pensando di aiutare il papa, ma che incontra invece gli interessi di chi Francesco o lo vuole affossare o tirare per la giacchetta.
E arriviamo alla vigilia del Sinodo. Bergoglio sgonfia le attese sull’assise con due motu propri che suonano come una pietra tombale sulle velleità rivoluzionarie dei progressisti e su quelle immobiliste dei conservatori: sul matrimonio si cambia, ma senza toccare la dottrina e senza bypassare la via giudiziaria.
Una vera “mediazione gesuitica” che qualcuno interpreta come un po’ troppo “osè” e — non ce ne vogliano i detrattori di Francesco — decisamente sbilanciata verso l’ala conservatrice dell’assemblea sinodale. La contraerea va all’attacco: tocca a mons. Charamsa, poi alla lettera dei tredici cardinali. Una manina “di sinistra” spinge il monsignore a fare coming out e un’altra manina — stavolta “di destra” — diffonde un documento riservato e confidenziale.
È la guerra. Francesco lo capisce e quando un uccellino gli dice che sono in arrivo due libri, uno di Nuzzi e uno di Fittipaldi, pieni di rivelazioni sull’ostruzionismo che deve affrontare Bergoglio sul fronte interno alla curia, il papa dà pieno mandato agli inquirenti vaticani di indagare e di smascherare questi fans zelanti che rischiano, col loro populismo e la loro ansia purificatrice, di gettare alle ortiche il complesso meccanismo politico che sta portando molto silenziosamente, ma sostanzialmente, alla trasformazione interna del governo dello Stato Vaticano. E si arriva ad oggi, dopo un finale di Sinodo molto incerto, dove l’unità si è ricostituita nel chiedere al papa un pronunciamento pieno e magisteriale sul matrimonio, e dove i giornali, di destra come di sinistra, gridano per l’ennesima volta alla vittoria.
In questo clima, con un Giubileo alle porte e due libri certamente scottanti in arrivo, la giustizia pontificia giunge ad una svolta e arresta mons. Vallejo Balda e la signorina Chaouqui. Lei collabora ed è subito rilasciata, lui è detenuto nelle stesse celle dove venne ospitato il maggiordomo alcuni anni fa. La Chaouqui è pure un’attivista antigender e subito le polemiche si sprecano. Sembrerebbe finire tutto qui, con l’omofoba dal santo furore inquisitorio fermata dalla mano della giustizia e con un sacerdote vicino all’Opus Dei (da cui — va detto — la Prelatura si smarca senza riserve con un comunicato stampa preciso e non interpretabile) in attesa di giudizio nelle prigioni del papa.
Ma è tutto troppo facile, troppo perfetto, troppo servito su un piatto d’argento. Sono i fatti, ma si sente il profumo di trappola: è il fuoco di due pasionari il vero nemico del papa? E che cosa c’entrano questi due signori con le manovre nell’ombra proiettate sul Sinodo? Davvero in quei due libri c’è semplicemente descritta la Resistenza a Francesco, oppure c’è qualcosa di più, qualcosa che fa paura e fa tremare anche le lobbies più incoraggiate sulla stampa mondiale? E poi, in definitiva: siete proprio certi che il Corvo fosse il maggiordomo? O rileggendo questo giallo vi è venuta qualche altra, assai inquietante, idea?
Mille domande, nessuna risposta. Bisogna aspettare e attendere che la Verità si faccia strada. Quello che è certo è che non è un’aria sana quella che si respira stanotte sul Colle Vaticano.