Non so se servirà leggere Il Diario di Anna Frank alle teste doppio taglio, alle nuche rasate che portano segni di vita solo nei tatuaggi, cioè all’esterno, agli zombie muscolosi che popolano stadi, piazze, locali, anche scuole, purtroppo. Certo servirebbe di più farlo leggere obbligatoriamente a scuola che davanti a una platea scatenata e ottusa che aspetta 22 mutande platinate in campo. A scuola ci sarà già peraltro qualche insegnante perbene, volonteroso e serio, che di storia ha fatto lezione, che al ghetto ce li ha portati, gli allievi. Però le famiglie, è il refrain.
Il razzismo alberga nell’ignoranza, nella trascuratezza, nella solitudine. Mica vero: era razzista la borghesia italiana a tedesca, era razzista l’high class inglese e americana, era razzista la genia bolscevica. Abbiamo bisogno di individuare un nemico, di addossargli colpe e rabbia per tutto ciò che non capiamo o ci angoscia o ci infastidisce. Che si tratti di streghe, omosessuali, neri, gialli, ebrei… Certo, agli ebrei tocca in sorte dal buon Dio una ben dolorosa eredità. Popolo eletto. Eletto per la sofferenza e l’esilio, per una salvezza che su questa terra non ha volto. E tutti sono colpevoli, ogni forma di potere che li ha perseguitati e additati a capro espiatorio di ogni malasorte.
Dunque, il razzismo è uno degli aspetti del male, cioè del peccato dell’uomo. Lo studio serve, eccome, servono i viaggi organizzati ad Auschwitz, le giornate della memoria, senza magari moltiplicarle all’infinito, svilendone il valore. Ma la domanda è più radicale, e si appunta ancora una volta sulla banalità del male, e la sua origine. A chi crede la preghiera e l’invocazione, a chi tocca legiferare, e governare, che si tratti dello Stato o della Lega Calcio, le scelte. Basta derubricare il fattaccio occorso allo Stadio Olimpico di Roma come goliardata? Ridicolo. Basta dire a voce alta che si tratta di cretini? Non basta, ma è la verità. Che si fa coi cretini? Li si blocca, si toglie fiato alle loro grida. Come, portandoli in gita in Polonia, perché poi passino il tempo in notti brave a bere e fumare e spaccare gli alberghi? La coscienza non si mette in lavatrice, non si sbianca con una passata veloce. Ci vuole la varechina, cioè qualcosa che bruci, che faccia capire. Auschwitz, sì, ma senza confort e tempo libero a soprattutto vietati gli stadi, servizi socialmente utili in qualche centro Caritas, 8 ore al giorno, però, o a ripulire muri di strade e classi dalle scritte oscene, dalle invettive beote contro il mondo nella sua meravigliosa diversità. Anche se i cretini sono minorenni, meglio, è più facile recuperare.
Quanto a chi coltiva, custodisce e fa prosperare la cretineria, fino a scatenarla in violenza: si può giocare a porte chiuse per un anno, non solo per una o due partite. Si può togliere fango purulento che nutre la stupidità di certa tifoseria che invece pare intoccabile. Si chiude, stop. Certo, costa più ai vari Lotito che una corona di fiori, peraltro biancoazzurra per realizzare lo spot, peraltro presto finita a marcire nel Tevere. Un’offesa, una pensata incredibile non solo per la comunità ebraica, ma per il buonsenso di tutti. Ma perfavore liberateci dalla retorica, dalle indignazioni, dalle parate, che scatenano altre parate, perché a chi difende gli ebrei rispondono subito i denigratori di Israele, che non sanno distinguere, che non vogliono capire cos’è uno stato e cosa un popolo, una fede. La retorica scivola via, siamo inondati di buonismo stucchevole, mentre vieppiù gli animi irrancidiscono nel livore, nell’egoismo, nell’indifferenza. Basta hashtag, che danno pochi pensieri, serve solo un tocco di indice.
Che ebrei siamo noi lo gridano le viscere, oltreché la nostra storia, la nostra cultura, dovrebbe urlarlo la nostra gratitudine. Ragioniamo poi sul brodo primordiale che diamo in pasto ai nostri ragazzi, che crescono col mito degli eroi criminali di Suburra e compagnia. Li inondiamo di pessimi esempi. Il fascismo storico è acqua passata, smettiamola di rievocarlo: il razzismo è eterno, la violenza è eterna, chiamiamoli per nome senza nobilitarli, mai.