Il brusio che si sentiva durante la fiaccolata è diventato un silenzio, totale assoluto. Erano le 3.32 questa notte, appena poche ore fa, quando sono cominciati i rintocchi del campanile di piazza Duomo. L’Aquila si è fermata ancora una volta. Ferma e inerme. Proprio come quattro anni fa. Adesso ci si ferma ad ascoltare quei 309 rintocchi, che sanno di tragedia, che vogliono scolpire la memoria. 309 vittime rimaste nel cuore di tutti gli aquilani. Quattro anni dal tragico terremoto, e come ogni anno è tempo di bilanci, di critiche, di accuse.
L’ultimo anno si è contraddistinto per le prime sentenze legate ai grandi processi relativi alle inchieste aperte dopo il sisma. Inchieste volute dal procuratore Alfredo Rossini, anche lui scomparso in questi ultimi mesi. L’inchiesta madre era quella che vedeva imputati gli scienziati della Commissione grandi rischi, tutti condannati per non aver saputo dare giuste informazioni alla popolazione prima della scossa dei 6 aprile 2009, per aver tranquillizzato gli aquilani. Condanne anche nel processo per il crollo della Casa dello studente, dove sono morti nove studenti e dove questa mattina il presidente del Senato Grasso porterà un mazzo di fiori. Condanna anche per il rettore del convitto, dove, sotto le macerie, hanno perso la vita due ragazzi. Accanto a queste inchieste i processi che fanno ancora più male, dove gli imputati sono accusati di aver approfittato del terremoto dell’Aquila per trarne profitto, per guadagnarci.
L’Aquila, dopo quattro anni, rimane una città silenziosa, deserta, in stato comatoso. Un centro storico fatto di tubi Innocenti, di impalcature. Una crisi che avvolge l’Italia e la sua economia e che all’Aquila ha avuto effetti ancora più grandi. Difficoltà a far ripartire le piccole attività, impossibilità di far tornare il centro storico fulcro e anima della città.
In questi mesi si sono svolte tutte le operazioni relative al cosiddetto Concorsone. Selezioni per assumere trecento persone da destinare agli uffici della ricostruzione. Piccoli ma significativi passi per riavviare tutte le attività necessarie per ridare a una città che non potrà più essere la stessa. Si attendono due miliardi di euro per aprire i cantieri e dare il via alla ricostruzione privata, per riconsegnare una casa vera agli aquilani.
In attesa di tutto ciò è trascorso un altro 6 aprile. Un altro appuntamento con la memoria. Ore di preghiera per ricordare chi non c’è più. Ore in cui, oltre alle fiaccole si sono accesi anche i riflettori. Adesso, come ogni anno, passato il 6 aprile le luci torneranno a essere fioche, il centro storico buio e la capacità di tornare a vivere alla capacità di ciascun aquilano. Dalla storia di ciascuno dipende il loro futuro, dall’impegno, dalle singole capacità e dalla volontà di vivere una compagnia che guarda con soddisfazione e interesse il proprio Destino. Una ricostruzione che deve saper coinvolgere il proprio cuore. Solo così L’Aquila rinasce e non si limita a tirar su case.