Il tempo vola. Questo ci si confida quando il calendario segna un nuovo mese. E a me rimane sempre il rammarico di non aver abbastanza celebrato la stagione. Ricordo che nel mio quartiere di Milano, ogni lunedì, la settimana incominciava col mercato sulla via principale che conduceva al piazzale della chiesa. E in quel mercato mia mamma andava ad acquistare i frutti di stagione, ma solo quando il prezzo – secondo la legge della domanda e dell’offerta – era giusto. Così in tavola, per un breve periodo, ad aprile arrivavano gli asparagi, mentre a maggio era la volta delle fragole e poi delle ciliegie. Tutto arrivava con una precisione che oggi m’è rimasta impressa. E mia mamma, magari inconsapevolmente, faceva un’operazione culturale potentissima: mi ricordava che eravamo al centro di un ordine, quello delle stagioni, che si manifestava coi prodotti della terra. Una sera di gennaio sono stato in un ristorante del Trentino e il bravo giovane che ci serviva ha proposto per il dessert una crostata di fragole. “Ma sono fuori stagione?”, gli ho fatto presente. E lui candidamente mi ha risposto: “Guardi, francamente non saprei neppure quando è il periodo delle fragole”. E lì mi sono cascate le braccia, sentendomi un po’ come un comunicatore che ha fallito, se la forza della grande distribuzione è arrivata a capovolgere i connotati di un ordine. Ma anche un grande pasticciere come Iginio Massari di Brescia ha cominciato ad essere indulgente, quasi che il colore della fragola sia necessario per ornare un dolce, quasi che debba vincere sempre l’apparenza alla sostanza.
Invece è importante, proprio dal punto di vista culturale, seguire e portare in tavola i descrittori di stagione. Questi ci dicono di un dato che una volta, quando ero bambino, sembrava una sorpresa. Se togliamo questo, se in nome del voglio tutto e subito annacquiamo la conoscenza, domani saremo ancora più lontani dal sorprendere, dentro le cose di tutti i giorni, perdendo chi siamo e da dove veniamo.
Gli asparagi che ancora troviamo sui mercati devono avere le punte unite e turgide. Ottimi con le uova, il loro lato amarognolo ben si abbina a un vino come il Fiano di Avellino (il Fiano evoca il miele, il dolce, che contrasta l’amaro). Un elemento che poi aiuta a portare i cosiddetti descrittori di stagione è il riso, che tradotto nei risotti, accompagna l’arrivo dei vari prodotti, persino delle fragole.
Ma qui voglio riproporvi la ricetta del risotto con gli asparagi.
Risotto agli asparagi
Ingredienti per 4 persone:
• 320 g. di riso (Vialone Nano, Carnaroli, Baldo, Arborio)
• 700 g. di asparagi
• 1 l. di brodo vegetale
• 4 cucchiai di vino bianco secco
• 60 g. di burro
• 4 cucchiai di Grana Padano, grattugiato
• 1 scalogno
• sale
Pulite gli asparagi eliminando la parte legnosa e lavateli. Tagliate le punte e tenetele da parte. Tagliate la parte centrale dei gambi (quella più vicina alle punte, più tenera) a rondelle. Fate lessare la parte terminale dei gambi in poca acqua in ebollizione leggermente salata. Quando i gambi saranno teneri, eliminate la parte terminale più dura e frullate quella restante ottenendo una crema. Frullando una parte del gambo il risotto rimane più gustoso e ben legato.
Scaldate 40 g. di burro in un tegame e fatevi appassire lo scalogno e le rondelle di asparagi. Unite il riso, fatelo tostare per circa 2 minuti, irrorate con il vino bianco e versate un paio di mestoli di brodo bollente. Proseguite la cottura versando altro brodo bollente man mano che consuma. Aggiungete anche l’acqua di cottura degli asparagi. Dopo 10 minuti di cottura unite anche le punte degli asparagi crude tenute da parte. Negli ultimi due minuti di cottura incorporate la crema di asparagi frullati. Terminate la cottura, mantenendo il riso al dente, e mantecate con il burro rimasto e il Grana Padano.
Buona primavera!