Ci sarebbe una prova regina che andrebbe ad inchiodare alle sue responsabilità Stefano Binda, accusato dell’omicidio di Lidia Macchi avvenuto 29 anni fa. Secondo quanto riporta oggi il quotidiano Il Giorno nella sua versione online, tale prova sarebbe da rintracciare in un bloc-notes ad anelli appartenente a Binda e sul quale l’uomo avrebbe scritto la poesia “In morte di un’amica”, inviata alla famiglia di Lidia Macchi. Lo scorso 25 settembre, all’interno dell’abitazione di Stefano Binda sarebbe stata sequestrata anche l’agendina in questione. A colpire gli inquirenti erano stati propri i fogli di carta del bloc-notes e che per colore, impurità ed anelli andavano a coincidere visivamente con il foglio sul quale è stata scritta la “confessione” anonima dell’assassino. Il sostituto pg Manfredda affidò immediatamente una consulenza merceologica dalla quale è emerso come il foglio anonimo giunto alla famiglia di Lidia Macchi sia perfettamente collocabile nel bloc-notes. Per il pg si tratterebbe quasi di una prova certa al 100%.
Il prossimo 15 febbraio segnerà una data importante nel giallo sull’omicidio di Lidia Macchi, poiché prenderà il via l’incidente probatorio in merito al processo per l’uccisione della giovane morta 29 anni fa. La formula è stata scelta non a caso poiché, secondo il sostituto procuratore Manfredda potrebbero verificarsi possibili pressioni sui ricordi dei testi più importanti. A riportarlo è il quotidiano Il Giorno online, che sottolinea come l’attenzione sarà tutta rivolta a Patrizia Bianchi, ovvero alla donna che individuò nella grafia della lettera inviata ai genitori di Lidia Macchi,il giorno del suo funerale, la mano di Stefano Binda, ora in arresto con l’accusa di omicidio. La donna, all’epoca dei fatti era innamorata dell’uomo oggi indicato come il presunto responsabile dell’uccisione di Lidia Macchi,. Anche lei militante di Comunione e Liberazione, sin dal giorno seguente all’omicidio di Lidia Macchi, cominciò a nutrire dubbi e sospetti su Binda. In questura, tuttavia, si presentò solo dopo 27 anni. Con la sua testimonianza si è assistito all’attesa svolta in un caso che sembrava destinato a restare per sempre incompiuto. Ma Patrizia Bianchi non sarà la sola testimone attesa per il prossimo 15 febbraio. In aula saranno presenti anche don Giuseppe Sotgiu, all’epoca dei fatti molto amico di Stefano Binda e che gli avrebbe fornito un alibi nelle prime fasi delle indagini. Sarà sentita anche la sorella della vittima, Stefania Macchi, per un totale di sei nomi dai quali Manfredda si attende una ‘cristallizzazione’ capace di fare chiarezza definitiva sulle loro precedenti dichiarazioni. Anche la sorella di Lidia Macchi, non avrebbe chiari ricordi in merito alla vacanza sulla neve alla quale prese parte, soprattutto in merito alla presenza o meno di Binda. Secondo La Prealpina online, potrebbe esserci in aula anche lo stesso Stefano Binda, sebbene sia stato descritto molto provato dopo le prime tre settimane di carcerazione preventiva.