È la storia di uno dei personaggi più importanti della nostra nazione. Don Rigoldi è il prete dei ragazzi. Oltre infatti a essere cappellano dell’Istituto minorile Cesare Beccaria, ha fondato nel 1973 il “Gruppo Amici del Beccaria”, che nel 1975 ha cambiato nome in “Comunità nuova”. L’associazione ha il fine l’inserimento sociale dei ragazzi, che una volta usciti dalla detenzione, non hanno un contesto relazionale adeguato che li accolga. Dal 1999 si occupa anche di organizzare e guidare “Le case del sorriso in Romania, in aiuto dei bambini a rischio d’abbandono e di aiutare i giovani rumeni vissuti negli istituti, per l’inserimento nel mondo del lavoro. Per la sua opera ha ricevuto l’onorificenza di cittadino benemerito del Comune di Milano e di Cavaliere della Repubblica. Nel maggio del 2007 ha pubblicato “Il male minore, devianza giovanile, un problema per tutti”, un libro che affronta il problema del disagio giovanile secondo la sua esperienza personale. L’abbiamo intervistato in esclusiva per ilsussidiario.net.
Ci può raccontare la storia di Comunità Nuova?
È nata nel 1973 poco dopo che sono diventato cappellano del Beccaria. Fin dal primo giorno ho ospitato alcuni ragazzi a casa mia e mi sono servito dell’ausilio di alcuni volontari. Siamo andati avanti quasi per un anno in maniera selvaggia. A un certo punto mi sono reso conto che era indispensabile creare una struttura più adeguata. Il fine era ed è quello di aiutare i ragazzi usciti dal Beccaria, aiutarli ad inserirli nel tessuto sociale e a trovare lavoro. Attualmente siamo presenti a Milano e in provincia di Milano. Aiutiamo ogni anno qualche migliaia di ragazzi.
Ci può anche raccontare anche delle Case del sorriso?
Le case del sorriso sono presenti in Romania. Abbiamo visto le condizioni disperate dei bambini in Romania e abbiamo deciso di aiutarli. Di farli uscire dagli istituti, di dare una mano ai bambini presenti anche nelle famiglie e sostenerli economicamente. In un paese contraddistinto da una grande povertà e con grandi problemi sociali. Vorremmo ripetere quest’esperienza anche con la Moldavia, un altra nazione che sta attraversando difficoltà notevoli.
Ci può dire un aneddoto della sua lunga vita di educatore e sacerdote?
Un ragazzo che abitava con me è stato cacciato per il suo comportamento. Da quando è andato in strada ha cambiato atteggiamento. Dopo l’ho perso un po’ di vista. Circa vent’anni dopo fuori dal Beccaria ho incontrato una Mercedes, una signora bionda, tre ragazzi e un signore che mi chiamava per nome. L’ho riconosciuto e mi ha ringraziato per quello che avevo fatto per lui. È diventato un imprenditore, ha un azienda e una bella famiglia. L’altra è di un ragazzo musulmano che aveva degli interrogativi religiosi. Gli ho dato un Vangelo. La settimana scorsa m’ha cercato e m’ha ringraziato
per questo libro che ha definito meraviglioso. Mi ha anche chiesto di trovarsi a parlare dei contenuti del Vangelo.
Lei si è ispirato a grandi personaggi come San Francesco di Sales, San Giovanni Bosco?
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Sono personaggi che mi hanno colpito molto. Sono un esempio per la mia attività. San Giovanni Bosco e lo stesso San Francesco di Sales sono dei grandi della Chiesa.
Quanto conta l’esperienza cristiana nella sua attiva di educatore?
Conta nel senso che per la mia vita questo mi dà equilibrio e mi riaffiorare tutte le mie radici. Come il gesto che faccio di pregare tutte le mattine. Quello di avere un rapporto personale con Gesù Cristo. Dopo di che questo mio lavoro passa attraverso questa energia che vedo nell’incontrare tutti questi ragazzi. A casa mia infatti vivono 14 ragazzi che fanno parte ormai della mia famiglia, sono una parte essenziale della mia vita.
Pensa che sia più difficile il mondo giovanile rispetto a un po’ di anni fa?
Sono periodi differenti. Un po’ di anni fa era un mondo più violento. Adesso è un mondo più depressivo, con la paura dei ragazzi di non farcela. È più difficile nel senso che mentre con gli altri si litigava, ma erano disposti a mettersi in discussione e a cambiare vita, adesso nasce l’inadeguatezza a fare. La questione di non sentirsi capaci a svolgere deterninate cose. E poi il fatto che non hanno padri, non hanno adulti come punti di riferimento. Non hanno più delle vere
autorità a cui rivolgersi.
Non pensa che ci dovrebbero essere più figure come lei?
È vero che la mia generazione ha espresso molte di queste figure. È vero adesso questo stile qui è in via d’estinzione.
Cosa consiglia alle famiglie, quale educazione devono dare per aiutare i loro figli a risolvere i problemi dell’adolescenza e della gioventù?
Le famiglie devono avere dei rapporti onesti, trasparenti, puliti con tutte le persone con cui si vive. Quello che conta è come stare con gli altri. Non starci ad esempio in maniera aggressiva o difensiva. L’amore è una cosa esclusivamente gratuita.
Dove vede lei Cristo in tutte quelle storie di tristezza e di abbandono che spesso le si presentano davanti? Qual è la forza interiore che la spinge a fare le cose eccezionali della sua opera?
Gesù Cristo è il salvatore. Lui ci ha insegnato ad amarci l’uno con l’altro, ha portato un messaggio universale di fratellanza straordinaria. E poi ci ha dato questa visione d’eternità, d’infinito che ci da una speranza incredibile sulla vita.
Quale iniziative dovrebbe prendere il governo per aiutare i giovani?
I governi dovrebbero curare molto le scuole. I luoghi dove normalmente si trovano i giovani. Come anche le società sportive. Gli stessi oratori che siano di qualità. che abbiano degli educatori che siano in grado di relazionarsi con i giovani. Soprattutto quindi i luoghi della normalità. Oltre che aiutare i giovani in difficoltà è indispensabile infatti che ci sia una situazione quotidiana positiva in generale.
Ci sono analoghe esperienze in paesi stranieri come la sua?
Ci sono e spesso ci troviamo per fare dei progetti insieme, per lavorare fianco a fianco.
In Italia è più semplice o più difficile con i giovani rispetto ad altri paesi?
Sicuramente siamo indietro rispetto agli altri paesi per le politiche giovanili. Dobbiamo migliorare molto.
Cosa pensa del rapporto dei ragazzi con la televisione e internet?
I giovani guardano poco la televisione. Riguardo ad internet dipende sempre dall’utilizzo che se ne fa. Anche se è vero che internet tende a chiudere e ad instaurare un processo, un rapporto individualistico con gli altri.
Può fare un bilancio della sua vita di educatore?
In questi anni ho cercato di imparare molto, studiando anche molto e confrontandomi sempre. Devo
dire che abbiamo una bella gioventù, ma molto sola. Avremmo quindi bisogno di molti più adulti che cerchino di essere dei compagni di viaggio dei ragazzi, dei più giovani, per accompagnarli e farli crescere nel loro cammino.
(Franco Vittadini)