In un servizio pubblicato su Sette, il supplemento del Corriere della Sera, viene analizzato il fenomeno della radicalizzazione di giovani islamici nelle principali città europee occidentali. Uno scenario in cui dei ragazzi giovanissimi passano dall’età dei giochi e della spensieratezza al progettare attentati sanguinari, dopo aver subito in ambienti chiusi e favorevoli per la radicalizzazione un vero e proprio lavaggio del cervello. Ci sono degli esperti in psicologia che hanno stabilito, come molto spesso avviene, che prevenire sia meglio che curare, e che vada dunque portata avanti un’opera parallela di de-radicalizzazione che possa portare i suoi frutti. E’ accaduto a Daniel Kohler, esperto di radicalizzazione giovanile che in Danimarca si era trovato a lavorare per la polizia per recuperare giovani che si erano avvicinati al neonazismo. Kohler ha le idee abbastanza chiare sul background che porta questi ragazzi ad abbracciare scelte di vita potenzialmente distruttive.
“SUBISCONO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO”
Spiega Kohler: “La maggior parte di loro non sono cresciuti in famiglie integraliste. Fino al giorno prima giocano alla Playstation, il giorno dopo se ne vanno in giro con la barba lunga sventolando il Corano e parlando di Guerra Santa. E’ evidente che se vogliamo fermarli, dobbiamo cambiare stategia.” Prevenzione e de-radicalizzazione sono dunque le parole d’ordine per chi come Kohler cerca di entrare in maniera positiva nella testa dei ragazzi, per estirpare quelle idee di odio e integralismo che sono terreno assolutamente fertile per le tragedie legate al terrorismo vissute in Europa negli ultimi anni. E vengono raccolte anche le testimonianze di genitori che hanno visto i propri figli cambiare completamente, come Christiane Boudreau, canadese che ha pianto il figlio ucciso in Siria dopo essere andato a combattere, apparentemente senza un perché: “I veri nemici sono i reclutatori e gli imam radicali, i soldati di questa guerra sono adolescenti che hanno subito il lavaggio del cervello”, ha spiegato.
18000 RAGAZZI RADICALIZZATI IN FRANCIA
I numeri portati da Kohler a sostegno del suo lavoro spiegano però come ci sia ancora tanto da fare per parlare di un’opera veramente efficace di de-radicalizzazione. “Se riesci a salvarne anche solo il 3 per cento è un miracolo”, ha spiegato portando a sostegno le statistiche pubblicate dal Ministero degli Interni in Francia, che hanno indicato come 18.000 ragazzi tra i 15 e i 26 anni possono considerarsi ormai radicalizzati a tutti gli effetti in territorio transalpino, con la prospettiva dunque di poter far tornare indietro sui loro passi poco più di 500 persone. Fehti Benslama, psicanalista franco-tunisino grande esperto in materia, ha spiegato: “La radicalizzazione non è un fenomeno nuovo, ma Isis è riuscito a rinnovare l’offerta attraverso un mezzo potentissimo come internet. Si mira ai giovani in difficoltà puntando su ideali e identità e facendo leva sui tormenti adolescenziali.” Quelli come Kohler cercando di scatenare il processo inverso, sempre più difficile senza progetti di prevenzione e antiradicalizzazione sostenuti dallo Stato: solo ora si inizia a vedere un cambiamento, seppur lentamente.