Perugia ancora una volta al centro della cronaca nera. Da pochi giorni soltanto si è riaperto il caso Amanda Knox-Raffaele Sollecito con un nuovo rinvio a processo, che un altro efferato crimine si compie nel capoluogo umbro. E’ un caso complicato, quello che ha visto un giovane massacrato nella sua camera da letto mentre a suo fianco c’erra la fidanzata, ucciso a colpi di pistola e poi colpito ripetutamente a colpi di svitabulloni. La ragazza fortunatamente se l’e cavata con qualche ferita leggera. Il caso che è avvenuto nella notte fra il 25 e il 26 marzo ha visto una svolta proprio ieri quando i due unici sospettati sono stati arrestati con un capo di imputazione pesante: omicidio premeditato e crudeltà verso le persone. A finire in cella sono l’ex fidanzato della ragazza accusato di essere il mandante e il padre dello stesso accusato invece di essere il killer. Naturalmente le indagini sono ancora aperte, ma i sospetti sono forti anche perché l’ex fidanzato aveva ripetutamente aggredito la vittima in precedenza, sembra perché questi usava violenza nei confronti della sua ex ragazza. La particolarità del caso ci ha spinti a chiedere una opinione al professor George Palermo, fondatore e direttore del Center for Forensic Psychiatry and Risk Assessment di Milwaukee negli Stati Uniti. “Un caso assolutamente anomalo” ci ha detto “che un padre si trasformi in killer per conto del figlio. Un caso che va studiato profondamente”.
Professore, lei ha mai studiato o indagato casi analoghi, dove un padre diventa killer per conto di un figlio?
Nella mia lunga esperienza devo dire di non essermi mai imbattuto in un caso del genere. E certamente un caso molto anomalo. E’ probabile, anzi certo, che dietro a questo caso ci siano nascosti dei fatti che al momento si ignorano ancora, per averlo spinto ad agire in tal modo.
Che tipo di patologia criminale può portare a un episodio del genere?
Si aprono certamente molti interrogativi, è forse una questione di onore? Diciamo poi che un padre che si assume il ruolo di killer per conto del figlio evidentemente reputa il figlio stesso incapace di agire. Ecco allora che si assume il compito di vendicarlo del torto che lui ritiene il figlio abbia subito.
Si può parlare di identificazione con il figlio?
Assolutamente sì. Si tratterà di studiare che tipo di rapporto esistesse tra padre e figlio. Ad esempio se il padre era un esempio di padre-padrone come si diceva una volta, che si identifica con il figlio a tal punto da prenderne le parti e cercare di vendicarlo.
Poi rimane il classico movente della gelosia, stando a quanto si è potuto appurare fino a questo momento, visto che si è voluto punire il nuovo fidanzato: il figlio avrebbe chiesto al padre di ucciderlo, dicono gli inquirenti.
Il movente della gelosia è senz’altro predominante. Infatti non siamo davanti a una questione fra il padre e il ragazzo che lui ha ucciso. Si tratta di una questione di onore e di vendetta per conto della sua famiglia. Bisogna capire il tipo di ragazzo che è il figlio, se è un ragazzo che è capace di difendersi o no, se il padre ritiene che invece l’altro era non soltanto nel torto, ma anche un ragazzo più forte del figlio e che ha approfittato della debolezza del figlio stesso. Un padre dunque che si identifica con il problema del figlio e prende su se stesso l’iniziativa di vendicare questo figlio. Il rapporto tra questo padre e questo figlio sembra quello di un padre che possiede il giovane, lo considera una parte di se, di più di quanto fa il comune padre.
C’è anche l’efferata violenza con cui è stato commesso il delitto: un colpo di pistola e numerosi colpi alla testa con uno svitabulloni.
Una violenza estrema, ma significativo anche che l’omicidio non sia stato commesso in un momento di esplosione di rabbia, ad esempio incontrando la vittima casualmente per la strada.
No, l’assassino è entrato nella casa della coppia e li ha sorpresi a letto.
Dunque l’assassino ha premeditato questo crudele assalto verso questo giovane andando a cercarlo a casa sua, mentre era a letto con la sua ragazza. E’ evidente che questo uomo si considerava leso dal comportamento della vittima verso il figlio. Si è identificato con il figlio a tal punto da perdere il lume e in quel momento ha premeditato l’omicidio. Ma siccome non c’è solo la parte cognitiva, quella del pensare, ma anche quella emotiva può darsi che era già predisposto a reagire e a non saper controllare quello che ha fatto. Non è solo un fatto premeditato. Bisogna esaminare psicologicamente e psichiatricamente che tipo di persona sia l’assassino. Può darsi infatti che fosse già una persona incapace di controllare se stesso.