Se qualcuno ancora non ci credeva, ecco qui la prova provata. Meglio, la confessione del mandante. Perché si difendono i diritti delle coppie gay? Per amore delle loro persone? Per difendere la loro felicità? Macché! Perché così l’economia gira.
Mi spiego. Paul Donovan, economista di UBS, la potentissima Unione delle banche svizzere, ha esposto una teoria secondo cui gli stati che hanno aperto alle nozze gay “è probabile che ottengano un beneficio economico”. Da dove deriva questa convinzione? È presto detto: “Legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso potrebbe aumentare la forza lavoro di un paese poiché si incoraggia l’immigrazione di persone Lgbt”, e “il principale beneficio dovrebbe arrivare dalla potenziale crescita della produttività del lavoro che a sua volta dovrebbe essere spinta da una maggiore mobilità”. In pratica, più persone saranno incentivate a spostarsi dove sono permessi i matrimoni gay. L’America, prosegue Donovan, “è una società mobile per tradizione, due volte più dell’Europa, anche se di recente ha un po’ tirato il freno”. Proprio in questo senso, il via libera alle nozze gay rimuove un ostacolo alla mobilità. “Secondo un’indagine del 2013 – nota l’economista Ubs – il 52% degli americani Lgbt si sarebbe voluto sposare, il che significa che il fatto che le nozze gay siano o meno consentite influenza una considerevole fetta della forza lavoro”. Insomma, “permettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso rimuoverà chiaramente un ostacolo alla mobilità negli Stati Uniti, mentre lo stesso impedimento costituisce un rischio non da poco nell’Unione Europa”. In particolare, prosegue l’esperto di Ubs, “nell’area dell’euro la generale mancanza di mobilità ha già avuto diverse conseguenze negative” e c’è persino chi suggerisce che ciò possa compromettere la produttività e in ultima analisi la crescita.
È chiaro il concetto? Il freno alla crescita dell’economia è la scarsa mobilità, gli stati che approvano le nozze gay favoriscono la mobilità dei lavoratori e perciò l’aumento della prodittuività, un po’ come la Prussia di fine Seicento che aprì le porte agli ugonotti cacciati dalla Francia e mise così le basi della sua crescita economica.
Chiariamo un possibile equivoco. Qui non si tratta di omofobia. Personalmente, ho vari amici di diverso orientamento sessuale, sono loro affezionato e non mi sognerei mai di mettere in discussione le loro scelte. Alcuni vivono la loro condizione con travaglio, altri con serenità; alcuni si battono per il riconoscimento delle nozze gay e per il diritto all’adozione, altri affermano che è meglio che un figlio abbia un padre e una madre chiaramente diversificati. Non è questo il punto.
Il punto sono i burattinai che tirano i fili. È già successo, al tempo del divorzio, al tempo dell’aborto: si cita il caso pietoso, si getta in pasto all’opinione pubblica la situazione disastrata, e la si usa per convincere della necessità di una legge che ha tutt’altri scopi. Quali? Semplice, distruggere la famiglia. Ma perché? Perché dal punto di vista dei signori dell’economia la famiglia tradizionale non è un buon consumatore: risparmia, divide le spese, ricicla, eroga assistenza, è un ammortizzatore sociale naturale… Dal punto di vista dei signori dell’economia il cittadino ideale è single, senza rapporti stabili, privo di una rete di solidarietà e perciò pronto a muoversi dove lorsignori trovino più conveniente piazzare le proprie fabbriche, a comperare in ogni nuova casa una nuova lavatrice e un nuovo frigorifero, a trascorrere le domeniche nei centri commerciali…
Ribadisco, io voglio bene ai miei amici omosessuali; proprio per questo mi addolora vedere come la loro fatica sia orrendamente strumentalizzata da chi ha a cuore non la loro felicità, ma solo il proprio portafogli. Non è una calunnia: lo dicono loro…