“Ci sono zone delle banlieues in apparenza totalmente incontrollabili. L’intelligence presente in questi quartieri non è stata evidentemente capace di cogliere quanto vi si stava preparando”. Sono le parole di Stefano Dambruoso, questore della Camera, magistrato anti-terrorismo e deputato di Scelta civica. Gli attentati di Parigi costati la vita a 128 persone sollevano enormi dilemmi sull’efficienza dei servizi di sicurezza francesi. Ma soprattutto sono una minaccia per la stessa Italia, anche perché l’8 dicembre prossimo a Roma incomincia il Giubileo della misericordia che richiamerà milioni di persone da tutto il mondo. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, al termine della riunione al Viminale del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ha dichiarato: “A Roma l’allerta è massima: abbiamo reso immediatamente operativa la disponibilità di 700 militari per la Capitale”.
Onorevole Dambruoso, che cosa non ha funzionato a Parigi?
L’intelligence deve chiedersi come sia stato possibile non avere individuato un’organizzazione così strutturata e molte questioni ora dovranno essere chiarite da parte della stessa intelligence francese. Evidentemente sono troppi i numeri delle persone che tra Parigi e dintorni vanno a ingrossare le fila di reduci e foreign fighters. Ci sono zone delle banlieues in apparenza totalmente incontrollabili. L’intelligence presente in questi quartieri non è stata evidentemente capace di cogliere quanto vi si stava preparando.
Come valuta gli obiettivi scelti dagli attentatori?
Questo è un film già visto. Per ottenere tutta questa visibilità e per affermare un messaggio di terrore nel senso letterale del termine, la cosa che funziona di più è colpire obiettivi inermi. E’ la stessa scelta che fanno i jihadisti quando decapitano un prigioniero: la persona più debole possibile è utilizzata per finalità esclusivamente mediatiche e per comunicare il loro portato di terrore.
Perché l’Isis ha colpito in Francia, risparmiando per ora l’Italia?
Perché in Francia sono presenti molti più immigrati musulmani e c’è dunque un contesto molto più diffuso in cui è possibile preparare gli attentati.
Quali sono gli elementi di forza o di debolezza dell’Italia sul piano della sicurezza?
L’Italia ha una struttura assolutamente adeguata per prevenire e monitorare il nuovo fenomeno terroristico. Ancora oggi abbiamo la possibilità di doverci confrontare con numeri minori rispetto alla Francia. In Francia si parla di circa mille persone coinvolte con il terrorismo, in Italia siamo al di sotto dei cento. Questo però non ci deve fare sottovalutare il problema. La qualità del rischio è identica a quella che esiste negli altri Paesi.
Quali sono le cose da fare subito per rafforzare la sicurezza in Italia?
Occorre investire il più possibile di quello che è a disposizione nel bilancio sicurezza per la prevenzione e le attività di intelligence. In particolare nel settore informatico e sulle persone da infiltrare nelle aree considerate pericolose.
Quali sono gli obiettivi sensibili nel nostro Paese?
L’obiettivo più sensibile è il Giubileo della Misericordia e tutto quanto potrà accadere durante questo evento. Qualunque cosa accada a siti o luoghi ricollegabili alle tematiche e all’intero anno giubilare avrà comunque una visibilità assicurata per chi intende programmare delle attività terroristiche. Per avere visibilità non c’è bisogno di distinguere luoghi o simboli.
Con il Giubileo arriveranno milioni di pellegrini. Come è possibile evitare attentati in un contesto simile?
La cooperazione fra intelligence internazionali svolgerà un ruolo fondamentale. Come l’Italia sta facendo già, va mantenuto alto lo scambio di informazioni con i servizi internazionali degli altri Paesi. Occorrerà quindi sviluppare l’attività di acquisizione di informazioni a livello locale nei rapporti con le comunità musulmane presenti sul nostro Paese.
(Pietro Vernizzi)