Durante le celebrazioni per il 2 giugno in piazza Duomo a Milano, il sindaco Beppe Sala ha tenuto un breve discorso dal forte valore retorico sull’unità scaturita da quella frastagliata e tormentata nascita della Repubblica appena finita la Guerra Mondiale e sull’orlo della guerra civile. Insomma, una situazione di crisi che seppure sotto diversissimi ambiti, oggi rischiamo di sentire di nuovo come molto forte: «In un momento delicato come questo è ancora più importante unirci e riunirci sotto la bandiera. Bisogna ricordare e guardare indietro per vivere la contemporaneità», spiega il sindaco di Milano. Secondo Sala, dalla crisi italiana ed europea bisogna ripartire in maniera fattiva per poter di nuovo recitare un ruolo importante a livello internazionale, ma soprattutto «dobbiamo riaffermare il senso del vivere insieme e la pace», conclude un forse anche troppo retorico sindaco Sala.
Nel giorno della ricorrenza di quel lontano 2 giugno 1946 non può non saltare all’occhio il ricordo di un grande protagonista del “rilancio” di questa Festa della Repubblica, quel Carlo Azeglio Ciampi che tramite legge del 14 novembre 2000 fece approvare e riammettere il 2 giugno come festa nazionale per tutti gli italiani. «Ci penso spesso al successo che ebbe il 2 giugno, la riscoperta di una data unificante, un giorno a sigillo di una comunità nazionale», spiegava l’ex Presidente della Repubblica esattamente un anno fa, pochi mesi prima della sua morte. «Il successo della festa rinnovata fu straordinario, imprevedibile anche per me e i miei più stretti collaboratori. Venimmo in una certa misura travolti dalla partecipazione e anche dalla contentezza. Talvolta c’è bisogno di poter applaudire collettivamente, condividere momenti di gioia in tempi difficili», spiegava ancora Ciampi in una intervista su Repubblica, ironia del destino.
Un tricolore e una bandiera che hanno attraversato tutto il Settennato di Ciampi come Capo dello Stato: «la bandiera italiana è un vessillo di libertà conquistata da un popolo che – ha detto – si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di eguaglianza, di giustizia. Nei valori della propria storia e della propria civiltà», sono le parole che rimangono scolpite da Carlo Azeglio Ciampi nella storia di questa festa particolare.
Il 2 giugno 1946 nacque la Repubblica Italiana e fu subito scontro: basti vedere come titolarono la mattina dell’11 giugno, dopo la proclamazione della Corte di Cassazione sui risultati del referendum tra Monarchia e Repubblica, i due principali quotidiani storici dell’epoca (tra l’altro presenti anche oggi). Il Corriere della Sera aprì così in prima pagina: «È nata la Repubblica italiana, riportando i risultati: repubblica 12.718.019, monarchia 10.709.423». La Stampa di Torino, quotidiano all’epoca abbastanza schierato con l’aristocrazia e soprattutto la casa dei Savoia, si limitò a dire, «Il Governo sanziona la vittoria repubblicana», scrivendo poi subito dopo, «c’è da chiedersi se la repubblica sia stata o no proclamata».
Nacque in mezzo allo scontro quel 2 giugno la nuova Repubblica dopo una guerra mondiale e dopo una possibile guerra civile nata tra la fine del Fascismo e l’avvento della Democrazia Cristiana: una bandiera ereditata dai Savoia, ma senza più lo stemma reale, rimase solo il tricolore. Insomma, una nascita piena di contraddizioni, offuscata e contestata, ma comunque passata alla storia: più che una nascita dunque una ri-nascita, un modo per poter ripartire tra dubbi, problemi e contraddizioni. Sì, esatto, proprio come la vita ci insegna giorno dopo giorno…
Tre colori, Verde, Bianco e Rosso per una bandiera italiana che dal 2 giugno 1946 è e resta quella. Una novità in effetti in questi 71anni visto che prima di quel giorno in cui venne sancita la nascita della nuova Repubblica Italiana, il tricolore italiano aveva cambiato più volte forma, colorito e immagine, seguendo ovviamente l’evoluzione del complesso stato e popolo italiano. La storia della bandiera d’Italia inizia ufficialmente il 7 gennaio 1797, con la sua prima adozione come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana. Bianco e rosso come i colori di Milano, verde come le divise delle guardie lombarde. Ma non basta ovviamente per spiegare il tutto di una storia alquanto difficile da conoscere fino in fondo, tra corsi e rimandi storici dal Medioevo fino al Risorgimento. Forme e coccarde diverse fino alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 dove finalmente il tricolore divenne il primo vero vessillo italiano. Due secoli di Storia fino a quella tragica doppia guerra mondiale che diede il colpo di grazia ad uno stato troppo giovane e troppo diviso fin lì per potersi raffigurare dietro ad un simbolo e ad una storia.
Ci volle la tragedia e la strage per riuscire a “colpire” e far emergere in maniera autentica lo spirito cattolico e socialista assieme, lo spirito ovvero di un’attenzione solidale e non più solo conveniente verso il proprio “fratello” italiano. Quel 2 giugno 1946, per la prima volta in una consultazione politica nazionale, votavano anche le donne: risultarono votanti circa 13 milioni di donne e circa 12 milioni di uomini, pari complessivamente all’89,08% degli allora 28 005 449 aventi diritto al voto. Il senso di un popolo finalmente unito, per una volta, nell’esprimere una volontà precisa, tra re e repubblica. I brogli ci furono, eccome, ma questa è un’altra storia e non sconfigge minimamente il senso di una comunità che lentamente si stava riscoprendo. Auguri Italia, o almeno, auguri italiani, forse quello che ci interessa di più.