I tragici eventi che hanno colpito il nostro paese in questi giorni, e in particolare Parigi e Saint-Denis, gettano i nostri cittadini nello spavento e nello stupore. Ci chiedono due domande temibili: come può il nostro stile di vita causare una aggressione così barbara? In questo primo momento, siamo felici di rispondere affermando il nostro impegno per i valori della Repubblica, ma l’evento ci costringe a chiedersi il prezzo da pagare per questo impegno e una revisione di questi stessi valori. La seconda domanda è ancora più scoraggiante perché infonde sospetto in molte famiglie: come i giovani educati nelle nostre scuole e nelle nostre città possono riconoscersi in una angoscia come la fantasia del califfato e come la sua violenza morale e sociale può rappresentare un ideale mobilitatore? Sappiamo che la risposta ovvia delle difficoltà di integrazione sociale non è sufficiente a spiegare l’adesione di un numero di jihadisti così alto soltanto con il solo desiderio di sfuggire l’esclusione sociale. In che modo questo percorso di barbarie diventare un ideale? Che cosa significa questo cambiamento dei valori in cui ci troviamo? La fede cristiana può essere di qualche aiuto nella confusione che ci ha colpito? Alla luce di letture bibliche che abbiamo appena ascoltato, vorrei proporre tre punti di riflessione.
«Dio, la mia unica speranza. “(Salmo 15) – Il salmo 15, come molti altri salmi, è un grido di fede e di speranza. Per il credente in difficoltà, Dio è l’unico rimedio affidabile: “E’ il mio diritto, io sono incrollabile”. Si può dire che le uccisioni selvagge di questo venerdì nero hanno immerso nel pericolo intere famiglie. E questa angoscia è tanto più profonda che non ci possono essere spiegazioni razionali che giustifichino l’esecuzione indiscriminata di decine di persone anonime. Ma se l’odio e la morte hanno una logica, non hanno razionalità. Certo, abbiamo bisogno di dire parole, abbiamo bisogno di parole da dire e le abbiamo sentite, ma sentiamo tutti che queste parole non vanno al di là di un sollievo immediato. Con l’eruzione cieca della morte, questa situazione per ciascuno di noi diventa inevitabile.
Il credente, come tutti gli altri, si trova di fronte a questa realtà inevitabile, vicina o lontana, ma chiara: la nostra esistenza è segnata dalla morte. Possiamo cercare di dimenticarlo, ma è lì. La fede, nessuna fede, è la base per la fuga. E noi siamo fermamente spinti a rispondere a noi stessi: a chi rivolgersi in questa prova? Confidiamo in risposte palliative, più o meno efficaci o sostenibili o nella fiducia nel nostro Dio, che è il Dio della vita? Il salmista ci sostiene per mettere sulle nostre labbra la preghiera di fede e di speranza: “Non mi può abbandonare alla morte o lasciare che il mio amico veda la corruzione”. In questi giorni di prova, ciascuno di coloro che credono in Cristo sono chiamati a testimoniare la speranza per sé e per tutti quelli che cercano sostegno e sollievo. Quando verrà aperto tra un paio di settimane, l’Anno Santo della misericordia, noi, con le nostre parole e le nostre azioni, dovremo essere messaggeri di speranza nel cuore della sofferenza umana.
“Tu mi mostri la via della vita” (Salmo 15) – Questa speranza definisce un modo di vita per chi la riceve. Essa ci insegna la via della vita. Per fortuna non tutti si confrontano con gli orrori subiti dalle vittime del fanatismo, come lo scorso venerdì. Ma tutti, senza eccezione, ognuno di noi, affrontiamo eventi e periodi difficili della nostra esistenza. Come si riconosce un uomo o una donna di speranza? Dalla sua capacità di vivere le prove e la lotta contro le forze distruttive in un clima di fiducia e serenità. Questa forza interiore permette agli uomini e alle donne comuni, come voi e me, di rifiutare di piegarsi a fare scelte difficili, a volte eroiche, ben oltre le proprie forze.
Dopo un periodo di difficoltà, siamo in grado di riconoscere alcune persone che non hanno ceduto, perché la loro convinzione interiore era abbastanza forte per affrontare il pericolo possibile o reale. Per noi cristiani, questa forza viene dalla nostra fede in Dio e la nostra capacità di fare affidamento in Lui. Ma possiamo andare oltre nella nostra interpretazione: per un certo numero di uomini e donne, la loro fede in una vera e propria trascendenza dell’essere umano è il valore che li regge. Anche se non condividono la nostra fede in Dio, essi condividono un frutto che è il riconoscimento del valore unico di ogni vita umana e della libertà. Possiamo vedere nella quiete e nel sangue freddo di cui i nostri connazionali hanno mostrato un segno di questa convinzione che la nostra società non può essere giustificato se non da un immancabile rispetto della dignità della persona umana? Di fronte alla barbarie cieca, eventuali crepe nel fondamento delle nostre credenze sarebbero una vittoria per i nostri attaccanti. Non possiamo rispondere alla ferocia barbarica se non con fiducia ulteriore nei nostri simili e nella loro dignità. Non significa ridurre la grandezza di Dio ma è un lavoro necessario per rispettare l’essere umano con le sue debolezze estreme.
“Quando vedrete tutto questo accadere …” (Marco 13, 29) – Questa confidenza in Dio è una luce sul sentiero della vita, ma non solo per tutti noi nella nostra esistenza personale. E’ anche una luce per comprendere la storia umana, compreso il suo corso enigmatico. Nel Vangelo di Marco abbiamo sentito annunciare il ritorno del Figlio dell’uomo, il Salvatore, attraverso segni terrificanti nei cieli e sulla terra. Noi non siamo abituati a questo modo di leggere i segni, anche se molti fanno questo esercizio. Ma mi sembra che la cosa più importante per noi è attingere da questa lettura due insegnamenti. Innanzitutto, nessuno conosce il giorno e l’ora della fine del tempo. Solo il Padre lo conosce. Sappiamo anche che non conosciamo né il giorno né l’ora della nostra fine e che questa ignoranza tormenta molte persone. Ma noi tutti vediamo, e l’evento di questa settimana ce lo ricorda crudelmente ,che il lavoro della morte non si ferma mai e colpisce, a volte ciecamente.
Ma eventi drammatici o terrificanti della storia umana possono essere interpretati e compresi come segni indirizzate a tutti: “Quando vedrete questo, sappiate che il Figlio dell’uomo è più vicino a casa vostra”, dice il Vangelo (Mc 13,29). Questa capacità di interpretare la storia non è un modo di negare la realtà. E ‘un modo per scoprire che la storia ha un senso. Il Vangelo ci dice che c’è chi bussa alla nostra porta ogni giorno. Quel qualcuno è Cristo. Quindi non possiamo fermare le disgrazie della vita né le sofferenze, come se queste non avessero senso. Attraverso di esse, possiamo scoprire che Dio bussa alla nostra porta e vuole chiamare la nostra natura mortale, per aprire sentieri di vita. Noi teniamo l’usura ma testimoniamo un conforto per chi soffre e per tutti diciamo che è una a chiamata a verificare i veri valori della vita. Ora propongo di unirvi intensamente alla preghiera per i morti che sarà cantata.
(Omelia per la S. Messa per gli attentati di Parigi, S.E. Arcivescovo di Parigi, Andrè Vingt-Trois)