La questione è complessa e ricca di luoghi comuni errati. Se è vero che i Testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni di sangue, è puramente per motivi religiosi, non medici: “Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento troviamo il chiaro comando di astenerci dal sangue (Genesi 9:4; Levitico 17:10; Deuteronomio 12:23; Atti 15:28, 29). Inoltre agli occhi di Dio il sangue rappresenta la vita (Levitico 17:14). Pertanto non accettiamo il sangue non solo per ubbidienza a Dio, ma anche in segno di rispetto per lui in quanto Datore di vita” si legge sul sito ufficiale del gruppo religioso. Non è dunque vero che credono in guarigioni miracolose date dalla loro fede o che non si fidano delle terapie mediche. Non è neanche vero che molti bambini del loro credo religioso muoiano perché i genitori rifiutano le trasfusioni di sangue. Per venire loro incontro infatti la medicina ha sviluppato nuove tecniche che oggi vengono applicate anche a chi non è del loro credo, le cosiddette terapie senza sangue che evitano, si legge sempre sul loro sito, “malattie trasmesse per via ematica, reazioni del sistema immunitario e complicanze dovute all’errore umano”.
E’ così che un Testimone di Geova di Napoli, 62 anni, che aveva rifiutato la trasfusione di sangue, è stato salvato grazie alla cosiddetta tecnica “bloodless”, un protocollo ancora sperimentale e molto poco usato (sette operazioni del genere negli ultimi tredici anni). L’uomo è stato portato in elicottero a Maria Pia Hospital di Torino dove con un intervento durato circa cinque ore per via di una dissezione aortica, è stato operato. Il paziente era in gravi condizioni: il livello dell’emoglobina aveva subito un preoccupante abbassamento. La tecnica bloodless prevede che ogni goccia di sangue viene salvata e le garze imbevute di sangue non vengono buttate ma ripulite per recuperare tutto il sangue disponibile. Una tecnica che punta a ridurre al minimo le perdite di sangue e al recupero del sangue stesso nelle singole fasi procedurali.