«Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono». Parole d’altri tempi, raccolte ieri da un cronista nell’aula del Tribunale di Milano in cui si svolgeva il processo d’appello alle cosiddette nuove Brigate Rosse, a pochi giorni dall’attentato a Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. A pronunciarle Alfredo Davanzo, uno degli imputati, mentre un gruppo di antagonisti componeva la parola “Solidarietà”, indossando alcune magliette bianche tracciate da lettere rosse.
Segnali inquietanti su cui IlSussidiario.net ha chiesto un parere al direttore de Gli Altri, Piero Sansonetti. «Quando si prendono le armi e si inizia a sparare c’è sempre da preoccuparsi – spiega Sansonetti –. Bisogna però evitare i facili parallelismi, perché tra questi fenomeni e la lotta armata degli anni Ottanta non c’è alcuna somiglianza».
Quali sono le principali differenze?
Allora nacque sulla spinta di un movimento di massa che sfiorò un’intera generazione. Fu un fenomeno clamoroso, non solo italiano, che iniziò a svilupparsi in un’Europa parzialmente democratica. Fuori dai suoi confini infatti c’era ancora il mondo comunista, dentro c’erano dei paesi fascisti come Grecia, Spagna e Portogallo.
Non solo, in Italia c’era anche un grande movimento di impronta marxista e il più forte partito comunista d’Occidente. Non a caso il terrorismo coinvolse migliaia di persone. Per tutto questo è difficile fare paragoni.
Non solo a livello numerico?
Il terrorismo di oggi è marginale, spiantato, privo di radici e di qualunque prospettiva ideale, anche se, come dicevamo all’inizio, comunque pericoloso.
Per quanto è successo a Genova, permettetemi invece di avere un dubbio, a partire soprattutto dalle parole del ministro Cancellieri. Un attentato tecnicamente perfetto come quello sembrerebbe opera di professionisti, magari nell’ambito dello spionaggio industriale. Sembra troppo per le vecchie Br, figuriamoci per quelle nuove…
Il clima generale all’interno del quale stanno avvenendo fatti di sangue ascrivibili al terrorismo e fenomeni di eversione potrebbe peggiorare la situazione?
A mio avviso sarebbe un grave errore trasformare tutto in un grande allarme. Non siamo alla rivolta sociale, anzi, rispetto alla situazione economica e politica che stiamo vivendo è addirittura incredibile l’assoluta tranquillità del Paese. Non ci sono scioperi, non ci sono manifestazioni, anche se migliaia di persone stanno passando dal benessere alla povertà.
Purtroppo, la violenza terroristica c’è sempre stata e risponde a logiche complesse e indipendenti.
Io, ad esempio, sono preoccupato dalla scomparsa dei partiti e della politica, in primo luogo di sinistra, ma non attribuirei al sistema politico italiano anche la colpa di aver lasciare spazio al terrorismo.
Detto questo, spero che non si commetta un grave errore del passato.
Quale?
Reagire sbattendo tutti in prigione, con le leggi speciali, l’attenuazione della libertà, l’aumento dell’autoritarismo e della repressione. Serve un lavoro di intelligence mirato e preciso, perché il prezzo delle leggi speciali lo stiamo pagando ancora oggi in termini di libertà e di cultura politica.