Andrea Astore ha 37 anni, ed è stato un elemento chiave durante la tristemente nota vicenda che ha visto Niccolò Bettarini, figlio di Stefano e Simona Ventura, rischiare la vita davanti all’Old Fashion. Ma cosa c’entra il ragazzo di cui sopra, vi starete chiedendo: ora vi raccontiamo la sua storia. Andrea fa il taxista da 15 anni nel capoluogo lombardo, e la notte che è successo il fattaccio, il 30 giugno scorso, ha dato un passaggio a due degli aggressori, gli albanesi Andi Arapi e Albano Jakej, attualmente rinchiusi in carcere. Il tassista è stato intervistato dal quotidiano Il Giorno, a cui ha raccontato come andò quella notte. Tutto iniziò dal passaggio davanti all’Old Fashion, dove Andrea vide un ragazzo a terra, ma soprattutto una giovane disperata: «Da lontano mi sembra che indossi dei leggings di colore rosso – racconta nell’intervista – ma poi metto a fuoco e mi accorgo che ha le gambe completamente coperte di sangue. Mi dico “Quel ragazzo deve essere messo veramente male…”».
“LO RIFAREI ALTRE CENTO VOLTE”
Pochi secondi dopo gli arriva una telefonata per un passaggio, e a via Monti 42 salgono due ragazzi e una ragazza. I due giovani sono apparsi fin da subito “strani” al tassista, visto che uno dei due ha una fasciatura con del sangue, e l’altro indossa una maglietta strappata. E proprio questo particolare fa scattare un campanello d’allarme nella mente dell’autista, che si ricordava che passando davanti all’Old Fashion, un poliziotto cercava appunto un sospettato con una t-shirt strappata. I tre chiedono ad Andrea di portarli ad Affori, e appena saliti in macchina, il tassista ripassa davanti all’Old Fashion, a lentissima andatura, sperando di essere visto da qualche poliziotto. Purtroppo non succede, ma nota la reazione dei due passeggeri, che si appiattiscono al sedile e si coprono il volto con le mani. Una volta raggiunta la destinazione, e dopo aver scaricato i tre, Andrea chiama la polizia e subito dopo scatta l’arresto: «Mi sento come una persona che ha fatto il suo dovere – racconta il tassista – e che rifarebbe la stessa cosa altre cento volte. Mi sono soltanto comportato da buon cittadino che non volta la testa dall’altra parte, come ho sempre fatto nella mia vita. Quando ho avuto il sospetto che quei ragazzi potessero essere gli aggressori, ho ripensato alle gambe coperte di sangue di quella ragazza e la mente è subito corsa alle mie figlie».