Il 15 luglio la Chiesa ricorda San Bonaventura, cardinale, filosofo, teologo e dottore della Chiesa, che fu anche il più importante biografo di San Francesco d’Assisi. Bonaventura, il cui vero nome è Giovanni Fidanza, nacque a Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, tra il 1217 e il 1221. Nulla si conosce delle sue origini familiari, ma si sa invece che da bambino soffriva di un grave male che lo avrebbe portato probabilmente alla morte e fu miracolato proprio da Francesco d’Assisi. Il santo Poverello gli impose le mani sulla testa e pronunciò le parole “Bona Ventura”, il piccolo guarì e, a ricordo del prodigio, venne chiamato da tutti Bonaventura. Null’altro si conosce della sua infanzia e gioventù, si sa però che studiò a Parigi, probabilmente alla facoltà delle Arti, in seguito si laureò in teologia, nel 1253, ottenendo il titolo di magister, quindi con la possibilità di insegnare e, nello stesso anno, entrò a far parte dei Frati Minori Francescani. Insigne teologo, nel 1257 venne nominato Ministro Generale dell’Ordine Francescano e si adoperò perché l’ordine fondato da Francesco mantenesse l’unità, visto il proliferare di teorie sugli ordini mendicanti che si ispiravano all’eresia di Gioacchino da Fiore. Si impegnò perciò nella stesura di una nuova costituzione dei francescani, le cosiddette Costituzioni Narbonensi, perché vennero redatte durante il periodo in cui il santo si trovava nella città francese per il Capitolo dell’ordine. Fu poi lo stesso Capitolo ad affidargli anche il compito di redigere la biografia di Francesco, denominata “Legenda Maior”, che è tuttora quella ufficiale riconosciuta dai francescani. La sua carica di Ministro dell’Ordine lo portò spesso in giro per l’Europa, poi nel 1262 Bonaventura divenne priore del convento francescano di Orvieto. Proprio in quel periodo il papa Urbano IV aveva proclamato la festa del Corpus Domini. Il santo fu il primo a pronunciare una predica attinente alla nuova festività, il “Sermo de Sanctissimo Corpore Christi”, proprio davanti al pontefice e a tutto il concistoro. Rimasto priore per soli due anni, preferì tornare a dedicarsi all’insegnamento della teologia, tenendo conferenze e lezioni soprattutto in Francia, la terra dove egli aveva studiato. Fine teologo, Bonaventura impegnò gli ultimi anni della sua vita a combattere, attraverso scritti e conferenze, le teorie dell’aristotelismo. Amico del cardinale Tedaldo Visconti, quando questi venne eletto papa, assumendo il nome di Gregorio X, lo nominò cardinale di Albano e, proprio grazie a quella nomina poté partecipare al Concilio di Lione (1274), in cui si adoperò per riavvicinare la Chiesa romana e quella ortodossa. In quei giorni però la morte lo colse all’improvviso e, secondo quanto dichiarato dal suo segretario, la causa della morte era da attribuire a un avvelenamento. Bonaventura venne sepolto all’interno della chiesa francescana della città di Lione e, in seguito, la sua salma venne traslata nella nuova chiesa eretta in onore del santo di Assisi. Fu proprio in seguito alla traslazione, avvenuta nel 1434, che la tomba venne aperta e il corpo venne trovato intatto. Ciò indusse papa Sisto IV a proclamarlo santo, in seguito nel 1488, un altro papa Sisto, ma V, lo proclamò Dottore della Chiesa. Quando avvenne l’apertura della sepoltura, al corpo di Bonaventura venne asportato un braccio per essere trasferito a Bagnoregio, sua città natale e ancora oggi si trova nella cittadina laziale all’interno della concattedrale di San Nicola. Il Santo Braccio è l’unica reliquia rimasta di Bonaventura, i suoi resti mortali vennero infatti distrutti durante la rivolta degli Ugonotti del 1562. Rilevante il numero degli scritti lasciati da Bonventura. Si tratta di opere teologiche in cui egli esprime il proprio amore per Cristo e dove esplicita la propria idea di felicità che è amore di Dio. Tra le sue opere ricordiamo: “Breviloquium”, “Soliloquium”, “Lignum Vitae”, “De Mysterio Trinitatis”.