Melissa Bassi, 16 anni, uccisa dall’esplosione di tre bombole a gas piazzate davanti all’ingresso della sua scuola, un’altra ragazza in condizioni gravissime. Si brancola nel buio, al momento, nel tentar di capire chi abbia potuto pensare un gesto che pur nella lunga storia delle stragi italiane è inedito. Mai prima d’ora infatti una scuola era stato l’obbiettivo di un attentato. Gli inquirenti tengono aperte tutte le piste, anche se quella del terrorismo internazionale sarebbe già esclusa perché non è seguita alcuna rivendicazione. Quella di stampo mafioso sembra la più plausibile dato il nome della scuola colpita dedicata alla moglie del giudice Falcone, di cui fra pochi giorni ricorre il ventesimo anniversario dell’uccisione, e il recente arresto di capi della Sacra Corona Unita, la mafia locale brindisina. Anche se gli esperti fanno notare due particolari: la mafia usa il tritolo e non le bombole a gas e evita di colpire innocenti per non perdere il consenso locale. IlSussidiario.net ha chiesto al professor Meluzzi, esperto di cronaca nera e di psicologia criminale, che idea si sia fatto del possibile attentatore. “La pista mafiosa mi sembra la più plausibile, visti i molti particolari che portano da quella parte. La domanda però da farsi è un’altra” dice Meluzzi. “E cioè: a chi giova mettere in atto un fatto criminoso come questo? Purtroppo la storia della nostra Repubblica è fatta di azioni mortali contro innocenti a cui ancora non si è dato riposta”.
Meluzzi, che idea si è fatto del possibile attentatore? E’ la prima volta in Italia che si colpisce una scuola.
Colpire innocenti alla cieca purtroppo nella storia della strategia della tensione in Italia non è una novità.
Ritiene dunque che siamo davanti a scenari già visti, nonostante l’obbiettivo prescelto?
Purtroppo lo abbiamo visto succedere in Piazza della Loggia, nell’attentato alla banca di Milano, negli attentati ai treni o alla stazione di Bologna. Colpire alla cieca degli innocenti non è una novità. Anche questo fatto dal mio punto di vista si inserisce in una storia tragica di questo Paese, una storia mai chiarita dal punto di vista della verità giudiziale.
Come si può inquadrare allora quanto è accaduto?
Teniamo conto della verità storica, nel senso che nei passaggi delicati della storia tragica di questo Paese gettato a ponte fra Europa e Africa e dico questo in tutti i sensi, nei momenti di maggiore crisi politica, istituzionale, geopolitica ed economica manine e manone distribuiscono colpi, esplosioni, fucilate con una logica che io definirei quella del mandriano selvaggio.
Ci spieghi questa logica.
Il mandriano selvaggio per dividere la mandria spara in mezzo, per spostarla a sinistra spara a destra e viceversa. Questo è qualcosa che l’Italia ha conosciuto drammaticamente nei sessant’anni della sua storia e credo che anche questo episodio vada inserito in questa logica. La domanda piuttosto da farsi è un’altra.
Quale?
Domandarsi a chi giova, cui prodest, fare una azione del genere. Purtroppo questa logica non è sempre efficace nell’urgenza della cronaca e trova la sua spiegazione solo nel tempo della storia. Per questo dubito che anche questa volta le risposte saranno molto facili.
Sembra di capire che lei non sia molto d’accordo con la pista mafiosa. I mafiosi di solito non vogliono privarsi del consenso della popolazione civile.
Non è un problema di consenso, il problema è capire i risultati che questa azione vuole ottenere, azione che certamente si collega alla celebrazione della morte di Falcone anch’essa non ancora chiarita. Pensiamo alle discussioni recenti sui rapporti tra Stato e mafia e il coinvolgimento di menti raffinatissime. La pista mafiosa a maggior ragione accentua la domanda, a chi giova? Proprio per la presenza di menti di questo tipo non sarà facile dare loro un volto.
Già: a chi giova? La pista anarchica crede sia plausibile?
Questa pista la vedo molto meno possibile, non è certo lo spontaneismo che muove una cosa del genere.
Che impatto psicologico allora può avere la pista mafiosa su studenti e famiglie colpite dall’attentato?
Il terrorismo si chiama così proprio perché serve a infondere un senso di terrore, di insicurezza, a introdurre elementi di precarietà e in qualche modo di disperazione. Come altri passaggi della storia di questa Repubblica credo che rimanere pacati e sereni sia indispensabile, più le situazioni diventano roventi e più le menti devono rimanere fredde e questo vale soprattutto per chi ha funzioni educative.
E i giovani, gli studenti?
Forse questa tragedia servirà un poco ai giovani a capire quel senso tragico della vita che la storia non può non insegnare, e ad affrontare con la stessa pacatezza quello che le generazioni precedenti hanno affrontato con guerre e sconvolgimenti e che spesso sono state più drammatiche anche di un evento tragico questo.
Una cosa però sappiamo da oggi: che neanche la scuola è un luogo sicuro.
E’ una sciocchezza ragionare in questi termini, intanto perché il mondo non è sicuro. Pensare di aver trasformato la vita in una gigantesca nursery è uno dei grandi errori dell’illuminismo. Io credo invece che rieducare al senso tragico della vita, alla responsabilità, alla libertà e anche alla drammaticità dei passaggi storici sia una cosa importante. Il problema è riuscire a illuminare tutto con un senso, e per noi cristiani questo senso si chiama la Croce e il Risorto.