Il primo embrione completamente artificiale sviluppato in laboratorio è di topo ed ha proseguito a svilupparsi nell’utero pur senza arrivare ad una fase matura. E’ questo il clamoroso risultato contenuto nella rivista Nature e raggiunto da alcuni ricercatori in Olanda. Un passo certamente importante in quanto potrebbe offrire l’importante occasione per analizzare e studiare da vicino le prime fasi dello sviluppo. La vera novità che emerge dalla scoperta è che l’embrione è generato da cellule staminali e non da ovuli e spermatozoi. Attraverso due famiglie di cellule staminali – quelle che danno origine alla placenta e quelle che invece contribuiscono alla formazione dell’organismo – il team di ricercatori dell’Università di Maastricht è arrivato a comprendere che in provetta, le cellule formano una struttura simile a quella di un embrione nella sua fase iniziale dello sviluppo chiamata blastociti. E’ questa la fase in cui si forma la medesima sfera di cellule da cui generalmente si generano la placenta e il bambino. Per il momento però, l’embrione artificiale non si è dimostrato in grado di raggiungere la fase matura dello sviluppo ed è ciò che avviene durante molte gravidanze. Rivron, che guida la squadra di ricercatori, alla Bbc ha commentato il suo studio spiegando: “Ora possiamo generare un numero estremamente grande di questi embrioni e studiarli in dettaglio aiutandoci a capire perché alcuni embrioni non riescono ad impiantare e permetterci di sviluppare farmaci che potrebbero favorire la fertilità”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
‘BLASTOIDE’ DIVERRÀ UMANOIDE?
La rivista Nature ha pubblicato una scoperta che potrebbe cambiare la storia della scienza e della società umana: quante volte potreste aver letto un incipit così in questi tanti anni di enormi (e meno enormi) scoperte scientifiche? Esatto, “n” volte: anche questa volta non è da meno, con il primo embrione completamente artificiale la storia potrebbe ripetersi, come già visto per la pecora dolly o il bimbo in provetta, oppure essere trampolino per un “grande balzo in avanti” (Mao lo lasciamo stare, per ora… ) che porti questo “blastoide” (così si chiama la scoperta fatta da un gruppo di ricercatori in Olanda) a divenire un giorno un simil umanoide. Prima i fatti: nell’istituto di Medicina rigenerativa dell’Università di Maastricht, il gruppo guidato da Nicolas Rivron ha portato a termine una ricerca sui topi pronta all’uso, eventualmente, anche su organismi umani. Con due famiglie di cellule staminali è stato creato il primo embrione del tutto artificiale, ovvero senza padre né madre, definito blastoide. «Poste le une accanto alle altre in provetta, le cellule hanno cominciato a comunicare e grazie a questo dialogo, mai finora osservato ‘in diretta’, le cellule si sono organizzate in una struttura simile a quella di un embrione nella fase iniziale dello sviluppo, la blastocisti, nella quale si forma la sacca che racchiude le cellule staminali», riporta Huffington Post. L’embrione creato è una sorta di piccola sfera costituita da un involucro esterno (il trofoblasto) e da una struttura più interna da cui poi nascerà il futuro topolino.
TRA SCIENZA ED ETICA
Per alcuni scienziati italiani il risultato della ricerca olandese sarà utilissima per andare a verificare da vicino un organo «straordinariamente importante della riproduzione, ossia la placenta. Un passo avanti per “comprendere i meccanismi dell’infertilità che nasce da un difetto nell’impianto dell’embrione», ha spiegato l genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’università di Roma Tor Vergata, È chiaro però che il “dubbio” etico sorge e forte, esattamente come già visto in passato con le prime sperimentazioni di clonazione di vita animale: il presidente del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) Francesco D’Agostino reputa questa scoperta per nulla realistica riguardo alla prospettiva di un uomo artificiale in un giorno futuribile, eppure il problema potrebbe situarsi appena dietro l’angolo. Se una “cosa” si può fare, perché allora la scienza non dovrebbe “farla”? Proprio sul dilemma eterno tra scienza ed etica si dovranno interrogare comunità scientifica e società nei prossimi decenni e la prima dichiarazione di un noto genetista come Edoardo Boncinelli sta proprio lì a dimostrarlo, «È un bellissimo risultato per i biologi. Le applicazioni sono di là da venire, ma si può immaginare, in un futuro lontano, un bambino nati da un insieme totalmente artificiale».
Allora reputiamo interessante e del tutto calzante la “provocazione” che lancia l’Avvenire con il collega Francesco Ognibene: i ‘blastoidi’ sarebbero una mera tappa verso «umanoidi senza padre né madre», visto che «la sperimentazione sulla vita non conosce limiti». Le ipotesi non sono remote, anche se non sono certe (va detto) ma il punto è che non si può a prescindere “eliminare” un timore come quello di una clonazione umana artificiale. E allora non sembrano poi così “campate” per aria le parole di Papa Francesco solo di qualche giorno fa davanti al Congresso internazionale sulla medicina riparativa, come riportate anche dall’Avvenire: «Mentre la Chiesa elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti, ricorda anche che uno dei principi fondamentali è che non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile».