Nei giorni scorsi, a poche settimane dalla morte di Totò Riina, ha fatto scalpore il lancio, su un sito di e-commerce, di prodotti alimentari con il marchio “Zù Totò”, dedicati proprio al boss di Cosa Nostra. Dietro l’idea di sponsorizzare cialde da caffè dedicate al capo dei capi morto lo scorso 17 novembre, come riportava Repubblica.it, vi era proprio la figlia Maria Concetta e il genero Tony Ciavarello, che da anni vivono in Puglia, a San Pancrazio Salentino. Qualche giorno fa, prima che la notizia diventasse oggetto di polemiche, sulla stessa pagina di Ciavarello era stato pubblicato un post pubblicitario (poi successivamente rimosso) nel quale veniva lanciata l’idea. Alla luce del dibattito che si è scatenato sul caso, al punto da portare il sito di e-commerce a bloccare la pagina dedicata alle cialde, Giulio Golia, storico inviato e conduttore de Le Iene, si è recato nel piccolo centro del brindisino dove ha incontrato Maria Concetta Riina per una lunga intervista che sarà trasmessa nella prima serata di oggi, su Italia 1. La donna ha parlato del padre scomparsa, riferendosi al periodo della sua latitanza e rivelando che proprio in quel frangente anche i figli erano con lui. Ma dove si è svolta la sua latitanza? “In giro per l’Italia. […] Giravamo sempre, di continuo, non ci fermavamo mai”, ha ricordato Maria Concetta. “Io, mio padre, mia madre e i miei fratelli siamo stati sempre insieme durante la latitanza”, ha aggiunto, spiegando come proprio la madre faceva loro da insegnante, non potendo andare a scuola. Nonostante la latitanza, a suo dire conducevano comunque una vita “normale”.
MARIA CONCETTA RIINA: DALLA LATITANZA ALLA NUOVA VITA IN PUGLIA
Nel corso della sua latitanza, Totò Riina girava libero, senza alcuna maschera, anche per le vie di Palermo. Lo ha dichiarato la figlia Maria Concetta ai microfoni de Le Iene. Da piccola non sapeva neppure di essere in latitanza per via di quella vita apparentemente normale che conduceva la sua intera famiglia. Tra i figli, dunque, non c’era una percezione negativa dei continui spostamenti. C’erano le vacanze al mare e anche durante gli spostamenti, nessun carabiniere li ha mai fermati. “Quando ci fu la strage di Capaci l’abbiamo saputo dal Tg, eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale, non era né preoccupato né felice, e non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne”, ha poi aggiunto. La donna ha quindi smentito di conoscere Bernardo Provenzano: “Io a casa nostra non l’ho mai visto”. Alla iena Giulio Golia ha quindi raccontato dell’arresto del padre: “Noi non c’eravamo. L’abbiamo visto in tv. Abbiamo raccolto le nostre cose, chiamato un taxi e siamo andati, mia madre e i miei fratelli, a Corleone”. Maria Concetta da qualche anno ha deciso di andare via dalla Sicilia e tentare di rifarsi una vita altrove, precisamente in Puglia. Ma qui, spiega, i problemi non sono mancati: “ci hanno sequestrato ingiustamente le aziende intestate a mio marito e ci hanno buttati in mezzo alla strada. Questo perché noi ci chiamiamo Riina”. Una cosa ingiusta, a sua detta, per la quale ad oggi si domanda: “Dobbiamo essere colpevolizzati per questo per tutta la vita, solo perché non prendo le distanze da mio padre?”. Maria Concetta Riina ha ribadito la sua impossibilità a prendere le distanze dal padre, “Perché mio padre ai miei occhi era un’altra persona, non è il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera. È stato un buon padre. E poi penso che ci sono delle cose che in cuor mio non sono state commesse”, dice. Golia ha tentato di farla ragionare su questo punto ben preciso, ricordandole le intercettazioni e le parole dei pentiti. “Io ho le mie buone ragioni per pensare che mio padre in certe cose non c’entra. Non ha potuto fare tutto quello da solo”, ha replicato la figlia di Totò. Un atteggiamento che sembrerebbe celare qualcosa tenuto ad oggi nascosto. Per la figlia, però, suo padre fino alla fine fece comodo a tanti, al punto da definirlo “un parafulmine”.