Da sempre l’uomo ha un’insopprimibile desiderio di immortalità.
Il coniglio, al momento, non è dato sapere.
Comunque è un coniglio quello che due ricercatori americani hanno tirato fuori dal cilindro della tecnoscienza con la pretesa di riaccendere l’umana illusione di dribblare la morte.
I ricercatori si chiamano Gregory Fahy e Robert McIntyre dell’azienda californiana 21st Century Medicine.
Come si chiama il coniglio, al momento, non è dato sapere.
Storicamente, si conoscono due modi per tentare di fregare sorella morte: uno è risorgere, l’altro è ibernare. Il primo metodo, finora, è riuscito solo a un rabbi nazareno duemila anni fa, poi più a nessuno. Il secondo metodo è riuscito a un coniglio. Precisamente a un coniglio ibernato e decongelato. Cioè non tutto il coniglio: il cervello.
I due genietti californiani dell’iper-freezer assicurano che le cellule del cervello decongelato, dopo essere stato portato con l’azoto a -165°, non presentano danni. Sarà. Sembra che i danni li faccia l’acqua, che ghiaccia mostruosamente producendo schegge micidiali. Embè, che cce ‘vvole? Mettiamo l’antigelo: una soluzione di aldeidi, messa al posto del sangue, che previene la disidratazione, neutralizza gli spilloni di ghiaccio, ed è fatta. L’unico inconveniente è che la molecola è tossica. Ecché volete? che il diavolo faccia pure i coperchi?
Comunque, formaldeide sì formaldeide no, la scoperta ha un valore incalcolabile per il futuro dell’umanità, secondo la rivista Journal of Cryobiology che ne ha dato notizia.
Essendo incalcolabile, i due hanno accettato di buon grado dalla Brain Preservation Foundation un premio di 26mila dollari, che per una scoperta epocale non sono una gran cifra: ma, combinazione, corrispondono più o meno alla tariffa in vigore per l’ibernazione di un cervello umano (solo cervello; full body viene sui 100). Comunque sono scelte importanti anche se la cifra non è astronomica: quando uno si trova in tasca 26mila dollari può cambiare la vecchia auto, o mettere a posto i denti, o integrare la pensione di reversibilità che il governo (italiano) sta cercando di soffiare alle povere vedove. Oppure può ibernarsi il cervello.
Tra parentesi: la Fondazione per la Preservazione del Cervello aveva stanziato 106.340 dollari per una scoperta del genere, ma fatta sul cervello umano: ora bisogna riconoscere che aver quotato il cervello di un coniglio a circa un quarto di quello umano è più che ragionevole, anzi decisamente generoso.
Ecco dunque: la tecnoscienza moderna è un grado di congelare il cervello umano, non ancora di scongelarlo. Ma intanto almeno cento persone hanno fatto ibernare il loro encefalo da aziende specializzate nella criobiologia, come la americana Acor o la russa KrioRus, per un atto di fede. Non nella religione ma nella tecnoscienza: chissà mai che un giorno, fra 100 o 1000 anni, il mio cervello, opportunamente decongelato, e altrettanto opportunamente montato su un corpo umano, possa essere riattivato nelle sue funzioni, ridestato ai suoi antichi ricordi e finalmente appagato nei suoi antichi desideri?
Già, ma montato sul corpo di chi? Per forza di un decerebrato, di uno che magari a sua volta ha deciso di prestare ad altri la carcassa defunta per pagarsi l’ibernazione del cervello, insomma un altro che si illude di soddisfare il suo bisogno di infinito dislocandolo in un altrove e dilazionandolo in un altro tempo, in cui una nuova vita, più facile e più bella sia possibile e godibile perché nel frattempo la tecnoscienza avrà certamente debellato le malattie più brutte e nel mondo non ci saranno più guerre, né sofferenze e né dolore.
Figuriamoci.
Il desiderio dell’eterno è un grido ad altro, sì, ma qui ed ora. Una domanda di pienezza della vita nel presente.
Tutto il resto.. è noia, azoto liquido e apprendisti stregoni che ravanano nel cervello decongelato di un incolpevole coniglio.